lunedì 26 dicembre 2011

I REATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

(Appunti tratti da un seminario tenuto dall’avv.Crisileo presso il FOR.MED di Caserta agli iscritti al Corso di Scienze Criminologiche e Criminalistiche – 31.03.2011 )

I delitti contro la Pubblica Amministrazione sono contemplati nel Titolo II del Libro II del Codice Penale.

Abbiamo detto che, ai fini del diritto penale, i reati si distinguono in delitti e contravvenzioni.
·        I delitti : sono puniti con la pena dell’ergastolo, della reclusione e della multa.
·        Le contravvenzioni : sono puniti con la pena dell’arresto e dell’ammenda.
Abbiamo detto che vi sono  :
·        I delitti dei pubblici ufficiali  contro la P.A.;
·        I delitti dei privati contro la P.A. 
…°…
Il Titolo II del Codice Penale si suddivide in tre capi:
-         Capo I: Dei delitti dei pubblici ufficiali contro la P.A. ( artt. 314-335 bis c.p.);
-         Capo II : Dei delitti dei privati contro la P.A (artt. 336-356 c.p.):
-          Capo III: Disposizioni comuni ai capi precedenti ( artt. 357- 360 c.p. ).
-         …°…
·        Nei reati di cui al capo I (delitti dei pubblici ufficiali)  la condotta incriminata proviene da soggetti interni della P.A.;
·        Nei reati di cui al capo II (delitti dei privati) al contrario, l’aggressione è arrecata da soggetti estranei alla P.A..
…°…
Qual è il bene giuridico tutelato dalla categoria di questi tipi di delitti ?
Quesllo contemplato dall’ art. 97 della Cost. (imparzialità e buon andamento); questo è il bene specifico tutelato da questa categoria di delitti.
Le Qualifiche soggettive
Per capire meglio i singoli delitti, occorre in primo luogo definire i concetti di : 
1)   Pubblico Ufficiale;
2)   Incaricato di Pubblico Servizio; 
3)   Esercente un servizio di pubblica necessità.

Chi è il Pubblico Ufficiale?
L’art. 357 c.p., nella sua formulazione attuale, recita così : Agli effetti della legge penale, sono pubblici ufficiali coloro i quali esercitano una pubblica funzione legislativa, giudiziaria o amministrativa “  
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Chi è l’incaricato di Pubblico Servizio ?
L’art. 358 c.p., definisce i soggetti incaricati di un pubblico servizio come: ” coloro i quali, a qualunque titolo, prestano un pubblico servizio;  per pubblico servizio deve intendersi un’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione”.
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Che cosa s’intende per pubblico servizio ?

Il nostro codice, infatti, sancisce  che :
o   “pubblico servizio” è quell’attività disciplinata nelle stesse forme della pubblica funzione, ma che manca di quei poteri deliberativi, autoritativi e certificativi che costituiscono le caratteristiche della pubblica funzione.
o   non può costituire servizio pubblico lo svolgimento di  mansioni d’ordine o a attività di carattere materiale ( ad esempio custodi, portantini, etc..).

Come abbiamo detto i delitti contro la Pubblica Amministrazione si dividono in :
·         delitti dei pubblici ufficiali contro la P.A. (artt. 314-335 bis c.p.);
·         delitti dei privati contro la P.A (artt. 336-356 c.p. );
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Delitti dei Pubblici Ufficiali contro la Pubblica Amministrazione

1.     Peculato ( art. 314 c.p. )






2.     Concussione ( art. 317 c.p.)


3.     Corruzione per un atto d’ufficio
            ( art. 318 c.p.)

4.     Corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio ( art. 319 c.p. )


5.     Corruzione in atti giudiziari
             ( art. 319 ter c.p.)

6.     Abuso di Ufficio (art. 323 c.p. )  * * *




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Abbiamo  già trattato :  il delitto di peculato, la concussione, la corruzione; resta l’abuso d’ufficio.
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Anche di questi ultimi due delitti  esamineremo:
·        la definizione dell’articolo del codice penale che li prevede;
·        il bene giuridico che la norma mira a tutelare;
·        la condotta tipica in capo al soggetto attivo del reato (il reo);
·        l’elemento soggettivo ( il dolo ) e l’elemento oggettivo ( materiale ).
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L’abuso di ufficio
L’art. 323 c.p. dispone che:
salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di norme di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti,  intenzionalmente procura a se o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni. (1° comma)
La pena è aumentata nei casi in cui il vantaggio o il danno hanno carattere di rilevante gravità”. ( 2° comma).
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Il reato di abuso di ufficio ha subito svariate modifiche nel corso degli anni.
Nella versione originaria era denominato “abuso innominato di ufficio”.
La prima modifica normativa è quella del 1990  che :
·        ha trasformato questo delitto in un vero e proprio cardine del sistema dei reati contro la P.A. .
·        ha incluso in questa nuova figura  fatti rientranti in alcuni delitti abrogati come quello di “ interesse privato  e di  peculato per distrazione”.
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Prima di questa riforma, nella sostanza, l’indagine del magistrato finiva per sindacare l’uso del potere discrezionale della P.A..
In altre parole l’indagine mirava  a vedere se si era incorso nel vizio di eccesso di potere che si traduceva in reato penale oppure no .
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E questo era una sorta di fallimento !
Ed allora  per rimediare a questo fallimento, il legislatore ha introdotto, con la Legge n. 234/ 1997 una modifica ulteriore sull’ art. 323 c.p..
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Da qui la  formulazione attuale dell’art. 323 c.p..
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Vediamo le novità salienti della riforma.

L’elemento soggettivo è caratterizzato dal dolo, del tipo  intenzionale.
ü A questo punto ci dobbiamo chiedere : ma come si desume l’ intenzionalità del dolo nell’ 323 c.p. ?
ü Si desume dai questi indici, che ci sono suggeriti dalla S.C. :
(a) l’evidenza della violazione di legge;
(b) la specifica competenza professionale dell’agente, tale da rendergli riconoscibile la violazione;
(c) nella motivazione del provvedimento;
(d) nei rapporti personali tra l’autore del reato e il soggetto che trae ingiusto vantaggio patrimoniale.
*    Il bene giuridico coincide con il buon andamento e l’ imparzialità della P.A.
*    Soggetto attivo è il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio (che agisce nello svolgimento delle funzioni/ servizio ).
*    La condotta incriminata, consiste nella violazione di norme di legge (costituzionali, ordinarie, regionali e provinciali;  decreti legislativi e decreti legge), ovvero nella omessa osservanza di un obbligo di astensione in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto.
In buona sostanza perché ci sia reato, ci deve essere una effettiva violazione di norma di legge o di regolamento.
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L’altra modalità tipica di realizzazione dell’abuso di ufficio è :
l’omessa astensione in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto e negli altri casi prescritti.
·        Si pensi al caso di un consigliere comunale che ha l’obbligo di astenersi, ai sensi dell’art. 78 co. 2 del D.Lgs. n. 267/2000.

Infine, l’art. 323 c.p. :
·        Richiede che la condotta abbia determinato un ingiusto vantaggio patrimoniale, economicamente valutabile, per sé o per altri (è l’evento).
·        Non richiede il concreto verificarsi di un incremento patrimoniale, ma è sufficiente la mera produzione di una situazione di favore economicamente valutabile.
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Ai fini della sussistenza del reato di abuso di ufficio, pertanto, è necessario che sussista il presupposto della c.d. doppia ingiustizia :
1.     ingiusta deve essere la condotta, perché ha violato la legge;
2.     ingiusto deve essere il vantaggio patrimoniale perché non spettante in base al diritto che regola la materia.
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Rifiuto di atti di ufficio. Omissioni
Ai sensi dell’art. 328 c.p.:” il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo è punito con la reclusione da 6 mesi a 2 anni. ( 1° comma)
Fuori dai casi previsti dal 1° comma, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che entro 30 giorni dalla richiesta di chi vi abbia interesse non compie l’atto del suo ufficio e non risponde per esporre le ragioni del ritardo, è punito con la reclusione fino ad 1 anno e con la multa fino a 1000 euro.  Tale richiesta deve essere redatta in forma scritta e il termine di 30 giorni decorre dalla ricezione della richiesta stessa. ( 2° comma)”.
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L’art. 328 c.p. disciplina, al primo e al secondo comma,  due distinte ipotesi di reato.
-         Nella prima il delitto si perfeziona con una semplice omissione del provvedimento di cui si sollecita la tempestiva adozione;
-         Nella seconda, invece, ai fini della configurabilità del reato, è necessario il concorso di due condotte omissive: la mancata adozione dell’atto entro 30 giorni dalla richiesta scritta e la mancata risposta sulle ragioni del ritardo.
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o   Il bene giuridico tutelato è il buon andamento della P.A.
o   Il soggetto attivo è il pubblico ufficiale ( o l’incaricato di un pubblico servizio), responsabile del procedimento amministrativo). 
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o   La condotta tipica consiste nell’indebito rifiuto di compiere atti di ufficio qualificati,  il cui compimento deve essere fatto senza ritardo per ragioni di interesse pubblico espressamente previste dalla legge ( trattasi di ragioni di giustizia, sicurezza pubblica, di ordine pubblico, di igiene o sanità).
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Il rifiuto consiste in un diniego ( preciso o anche dovuto ad inerzia )  a fronte della richiesta di adempimento di un privato, di un pubblico funzionario o di un superiore gerarchico.
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Vediamo come si attiva la procedura di applicabilità di questa norma.

1.     Innanzitutto è necessario che venga attivata un meccanismo di messa in mora.
2.     In pratica una richiesta scritta del  privato da cui decorre il termine per l’adozione dell’atto o per l’enunciazione delle ragioni sottese al ritardo nell’emanazione del medesimo.
3.     Il pubblico ufficiale deve rispondere; se non risponde si ha omissione di conseguenza consumazione del reato.
4.     Tutto ciò presuppone che sia iniziato un procedimento amministrativo con conseguente necessità della sua istruttoria e tempestiva definizione.
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L’elemento soggettivo  è il dolo generico; trattandosi di una condotta omissiva.
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REATI DEI PRIVATI CONTRO LA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE
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Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale ( art. 336 c.p.)  *


Resistenza a un pubblico ufficiale








Oltraggio a un pubblico ufficiale


Oltraggio a un corpo politico, amministrativo o giudiziario


Oltraggio a un magistrato in udienza


Millantato credito


Usurpazioni di funzioni pubbliche


Abusivo esercizio di una professione


Violazione di sigilli


Turbata libertà degli incanti





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Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale
L’art. 336 c.p. statuisce che :” Chiunque usi violenza o minaccia a un pubblico ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio, per costringerlo a fare un atto contrario ai propri doveri o ad omettere un atto dell’ufficio o del servizio è punito con la reclusione da 6 mesi a 5 anni. ( 1° comma).
La pena è della reclusione fino a 3 anni se il fatto è commesso per costringere alcuna delle persone anzidette a compiere un atto del proprio ufficio o servizio, o per influire, comunque su di essa”. ( 2° comma).
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L’art. 336 c.p. contempla due distinte ipotesi di reato.
o   Art. 336  1° co. c.p.  punisce la condotta finalizzata al compimento di un atto dell’ufficio;
o   Art. 336 2° co. c.p.  punisce la condotta finalizzata  al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio.
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o   Il soggetto attivo può essere chiunque; si tratta quindi di reato comune.
o   Il soggetto passivo deve essere un pubblico ufficiale o un incaricato di pubblico servizio.
La condotta incriminata consiste nell’utilizzo di violenza o minaccia nei confronti del pubblico ufficiale o dell’incaricato di pubblico servizio.
Circa la definizione di violenza la giurisprudenza ha chiarito che essa deve essere intesa come costringimento dell’altrui volere.
Circa la definizione di minaccia  è individuata nella prospettazione di un male futuro ed ingiusto.
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L’elemento soggettivo in entrambe le figure delittuose è il dolo specifico che consiste nella coscienza e volontà di usare violenza o minaccia nei confronti del soggetto passivo per conseguire le finalità che l’agente si propone con la sua condotta.
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Resistenza a un pubblico ufficiale
Ai sensi dell’art. 337 c.p. :” Chiunque usi violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale o a un incaricato di pubblico servizio, mentre compie un atto di ufficio o di servizio, o a coloro che, richieste, gli prestano assistenza, è punito con la reclusione da 6 mesi a 5 anni”.
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Il bene giuridico tutelato dalla disposizione in parola è duplice: 
o   la libertà di azione dei pubblici poteri
o   la sicurezza e la libertà dei soggetti pubblici contro le altrui condotte violente o intimidatrici.
Trattasi pertanto, di un reato plurioffensivo.
o   Soggetto attivo del delitto  può essere chiunque; trattasi quindi di un reato comune.
o   Soggetto passivo del reato è il pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio ma anche coloro che su richiesta, prestino assistenza ai pubblici funzionari. Inoltre la giurisprudenza annovera fra i soggetti passivi del reato anche il privato che ai sensi dell’art. 383 c.p.p. procede all’arresto in flagranza di reato.
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La condotta incriminata consiste nel porre in essere atti di violenza o minaccia.
L’elemento soggettivo richiesto è il dolo specifico che si concreta nella coscienza e nella volontà di usare la violenza o la minaccia al fine di ostacolare l’attività pertinente al pubblico ufficio o servizio in atto.
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La resistenza meramente passiva.
Non è condotta punibile ex art. 337 c.p. la resistenza meramente passiva, cioè  priva di qualsiasi forma di effettiva violenza o di percepibile minaccia.
La stessa cosa per le condotte di disobbedienza, fuga o l’utilizzo di raggiri volti ad impedire il compimento dell’atto o del servizio.
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La Turbata libertà degli incanti
Tale reato  ex art. 353 c.p., è inserito nel Titolo II “ Dei delitti contro la pubblica amministrazione” , al Capo II “ Dei delitti dei privati contro la pubblica amministrazione.
La norma così dispone:  Chiunque, con violenza o minaccia, o con doni, promesse, collusioni o altri mezzi fraudolenti, impedisce o turba la gara nei pubblici incanti o nelle licitazioni private per conto di Pubbliche Amministrazioni, ovvero ne allontana gli offerenti, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da euro centotre a milletrentadue.  Se il colpevole è persona preposta dalla legge o dall’Autorità agli incanti o alle licitazioni suddette, la reclusione è da uno a cinque anni e la multa da euro cinquecentosedici a duemilasessantacinque.  Le pene stabilite in questo articolo si applicano anche nel caso di licitazioni private per conto di privati, dirette da un pubblico ufficiale o da persona legalmente autorizzata; ma sono ridotte della alla metà”.
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1.     La prima cosa che dobbiamo evidenziare è che l ’art. 353 c.p. tutela la P.A. nell’aspetto organizzativo di gare pubbliche, per l’aggiudicazione di beni o servizi, indette dallo Stato, da un Ente Pubblico, ovvero da un pubblico ufficiale o “persona legalmente autorizzata”. 
2.     Questa norma mira a tutelare la libera concorrenza economica.
o   Soggetto attivo del delitto può essere chiunque.
o   Soggetto passivo è la pubblica amministrazione
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Ora dobbiamo chiarire il concetto di gara.
In generale, per gara,  si intende il concorso mediante il quale chi fa l’offerta economicamente più conveniente ottiene in esclusiva l’incarico di compiere certe  opere, certe forniture, ecc… 

Le gare pubbliche tutelate dall’articolo in parola sono:
o   i Pubblici incanti; 
o   la Licitazione Privata; 
Come insegna la legge di contabilità generale dello Stato ( R.D. n.  2440 del 1923 ) la gara pubblica  consiste in una gara fra diversi offerenti e l’aggiudicatario viene scelto in base alla migliore delle offerte presentate. 
Oggi, è anche una procedura di aggiudicazione, insieme alla licitazione privata, all’appalto-concorso, alla trattativa privata ( è, in effetti, la cd. Asta Pubblica).
Il reato in parola consiste nell’impedire o turbare una delle gare in questione, anche se non ufficialmente indetta, ma determinata ovvero, nell’allontanare uno o più offerenti con l’uso di violenza o minaccia, con doni, promesse, collusioni od altri mezzi fraudolenti. 
Stiamo parlando di un reato ad evento naturalistico, in quanto  a causa del comportamento dell’agente la gara non si è potuta più svolgere o concludere, o si è svolta in modo irregolare.
 I mezzi idonei ad impedire o turbare la gara sono la violenza, la minaccia, i doni, le collusioni, gli altri mezzi fraudolenti ( cfr. ad esempio Cass. 15 luglio 1999, n. 214069),
Tra i mezzi fraudolenti si rileva che anche il mendacio ( cfr. Cass. 30 agosto 1993, n. 194971).
Il reato è doloso ed il dolo, qui, consiste nella consapevolezza e volizione riferita all’uso di violenza o minaccia, oppure all’offerta di doni o relativa promessa, ovvero accordi atti ad impedire/turbare la gara, anche nella forma dell’allontanamento di un solo offerente. 
Il comma 2 prevede una aggravante, nel caso in cui il reato sia commesso da “persona preposta dalla legge o dall’Autorità agli incanti od alle licitazioni private”. 
E’ un aggravante indipendente che, riferita ad una qualità del colpevole, si estende ai concorrenti che la conoscessero o l’abbiano ignorata per colpa ( da ultimo vedi Cass. 11/5/2007, n. 236455) . 
Se la persona preposta sia a conoscenza dell’irregolarità della procedura e non impedisca il compimento, risponderà in concorso per omesso impedimento dell’evento ( vedi Cass. 30/9/2003, n. 227321)
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