domenica 20 aprile 2014

" SULLA SCENA DEL DELITTO ", TRA LE PAGINE DEL LIBRO DELL 'AVV, CRISILEO

Sulla Scena del Delitto tra le pagine di Crisileo
Recensione, tratta da “Il Mattino”, del 20.04.2014 a firma di Elio Zanni 
“Signor Presidente, Signori della Corte di Appello, chiediamo la conferma della sentenza di primo grado che ha saputo cogliere nel segno la verità processuale e la storica, e perciò chiediamo il rigetto dei motivi dell’appello proposti dalla difesa dell’imputato”. Dai delitti Sellitto e Marino, passando per i casi Di Monaco e Tedesco: è una vera e propria selezione di momenti di tribunale, di fatti di cronaca nera evoluti in tenzoni giudiziarie “Sulla scena del delitto”: l’ultimo libro di Raffaele Gaetano Crisileo, criminologo, avvocato penalista del Foro di Santa Maria Capua Vetere. Una selezione d’interventi, anzi di arringhe, come egli stesso ama definire quei momenti salienti a cui conduce la “ missione forense”. Meno di 200 pagine da leggere tutte d’un fiato, gustata la prefazione di Paolo Brosio che svela anzitempo l’istinto etico che l’autore possiede e propone, in ogni arringa, mettendo in luce i retroscena degli efferati delitti consumati in certi ambienti ovattati di periferia, che spesso soffocano l’uomo e alimentano la bestia.  Crisileo invita a spogliarsi dei panni del buon borghese e guardare i fatti ed i loro protagonisti con pietas umana, Cosa che ogni legale può fare solo a valle di un certosino lavoro dei profili criminali. Lavoro che dovrà distendere con buona comunicativa su un tappeto di verità processuale”.  Elio Zanni

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martedì 15 aprile 2014

IL NUOVO DISEGNO DI LEGGE SULLA CUSTODIA CAUTELARE IN CARCERE.

Il Senato, nei giorni scorsi, ha dato il via libera al provvedimento di riforma della custodia cautelare. Per diventare legge dello Stato, il testo, ora, dovrà tornare alla Camera.
Le novità riguardano i termini di custodia cautelare e le modalità per l’adozione del provvedimento cautelare che verrà applicato solo in caso di concreto e attuale pericolo di reiterazione, inquinamento delle prove o di pericolo di fuga.
Dunque si ricorrerà alla custodia cautelare, in via del tutto eccezionale, tranne nei casi di reati di particolare allarme sociale, come terrorismo e mafia.
Il nuovo istituto della custodia cautelare in carcere verrà così riformulato: “Quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di cui agli articoli 270, 270-bis e 416-bis del codice penale è applicata la custodia cautelare in carcere … Nel disporre la custodia cautelare in carcere il giudice deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene inidonea, nel caso concreto, la misura degli arresti domiciliari”.
In buona sostanza, la custodia cautelare in carcere diventerà misura  residuale, al fine di ridurre la pericolosità dell’indagato, in relazione alla sua eventuale fuga o intralcio al corso della giustizia.
Il testo, almeno nella sua ratio, è finalizzato a ridurre l'ambito di applicazione della custodia cautelare in carcere ed a ridurre il sovraffollamento della popolazione carceraria, attraverso una serie di modifiche al codice di procedura penale che interessano principalmente la valutazione e la motivazione del giudice e l’idoneità della custodia in carcere.
Ma solo nel tempo, quando la nuova norma verrà applicata, si vedrà se la finalità del legislatore sarà stata  raggiunta.
Ritornando all’analisi del provvedimento, salta subito agli occhi che esso  limita la discrezionalità del giudice nella valutazione dei presupposti per l’applicazione delle esigenze cautelari.
Innanzitutto è stato introdotto il criterio dell'attualità del pericolo di fuga o di reiterazione del reato che non può più essere desunto dalla sola gravità del reato per cui si procede.
Ciò, invero, non è propriamente innovativo perché la Cassazione, da tempo, aveva stabilito, con molte pronunce sul punto, che la sola gravità del reato era insufficiente a ritenere sussistenti le esigenze di cautela.
Novità assoluta, invece, è l’esclusione della custodia in carcere e degli arresti domiciliari in due ben specifiche circostanze : quando il giudice ritenga che la eventuale sentenza di condanna non verrà eseguita in carcere (concessione della condizionale); quando il giudice ritenga che, all'esito del giudizio, sia possibile sospendere l'esecuzione della pena con concessione di una misura alternativa.
Quando invece si ipotizza un  aggravamento delle esigenze cautelari, il giudice, su richiesta del pubblico ministero, può anche applicare, congiuntamente,  altra misura coercitiva o interdittiva (attualmente il giudice, invece,  può solo sostituire la misura in corso con altra più afflittiva oppure  può applicare la prima con modalità più gravi).
Sono soppresse finalmente alcune disposizioni che favoriscono il ricorso alla custodia in carcere. Ci riferiamo all’obbligo per il giudice di revocare gli arresti domiciliari e applicare la custodia in carcere in caso di trasgressione del divieto di allontanarsi dalla propria abitazione; ci riferiamo al divieto, per il giudice, di concedere gli arresti domiciliari al condannato per evasione nei cinque anni precedenti al fatto per il quale si procede.
E’ stato, poi, ampliato (da due a dodici mesi) il termine di efficacia delle misure interdittive (sospensione dall'esercizio della potestà dei genitori; dall'esercizio di un pubblico ufficio o servizio; divieto temporaneo di esercitare attività o professionali).
Quanto all’applicazione della custodia in carcere,  novità importante è che la sua presunzione di idoneità opera soltanto ed esclusivamente con riguardo alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per i delitti di associazione sovversiva, terroristica e mafiosa.
Per altri reati gravi, tra cui l’omicidio, la violenza sessuale ecc …  è vero che è possibile applicare la custodia in carcere, ma salvo che siano acquisiti elementi dai quali non sussistono esigenze cautelari che  possano essere soddisfatte con altre misure.
E non solo ! Nel disporre la custodia cautelare in carcere, il giudice ha l’obbligo di motivare sufficientemente il perché ritiene che l’ uso del cd. braccialetto elettronico non sia idoneo a tutelare le esigenze di cautela.
E’ stato, parimenti, rafforzato l’ obbligo di motivazione  autonoma da parte del giudice in merito alla ricorrenza delle concrete e specifiche ragioni per le quali le esigenze di cautela non possono essere soddisfatte con altre misure
La mancanza di "autonoma valutazione" da parte del giudice è motivo di annullamento dell'ordinanza cautelare in sede di riesame.
Infine è stato modificato anche il procedimento di riesame presso il tribunale della libertà delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva.
L'udienza camerale, se ricorrono giustificati motivi, può essere rinviata, dal tribunale, per un minimo di cinque ed un massimo di dieci giorni. Stesso discorso per il deposito della motivazione sulla decisione  sull'ordinanza del riesame.
Al mancato deposito in cancelleria, entro trenta giorni dalla deliberazione, dell'ordinanza del tribunale del riesame consegue la perdita di efficacia dell'ordinanza che dispone la misura coercitiva.
Diventa, poi, possibile differire, per giustificati motivi, la data dell'udienza camerale del tribunale in sede di riesame delle ordinanze relative a misure cautelari reali (sequestro conservativo o preventivo).
Circa l'appello avverso le ordinanze che dispongono misure cautelari personali, viene precisato che la decisione sull'appello del tribunale del riesame (entro venti giorni dalla ricezione degli atti) sia assunta con ordinanza depositata in cancelleria entro trenta giorni dalla deliberazione.
Dopo l'annullamento con rinvio di un'ordinanza che ha disposto una misura coercitiva, il giudice del rinvio decide entro dieci giorni dalla ricezione degli atti e deposita in cancelleria l'ordinanza nei trenta giorni dalla deliberazione. La mancata decisione nei termini stabiliti comporta la perdita di efficacia della misura coercitiva.
Il provvedimento ha subito alcune modifiche in Commissione Giustizia del Senato :
·         è reintrodotta la possibilità (soppressa dalla Camera) che, nel corso delle indagini preliminari, il riferimento a specifici comportamenti dell'indagato (es. rifiuto di rendere dichiarazioni, mancata ammissione degli addebiti, personalità desunta dai comportamenti) possa giustificare le esigenze cautelari;
·         si è operata un'ulteriore modifica: la custodia cautelare in carcere può essere applicata solo per i reati per i quali è previsto un massimo di pena superiore ai cinque anni;
·         è stata reintrodotta la norma che prevede, nel caso di trasgressione agli obblighi derivanti dagli arresti domiciliari, l'automaticità dell'emissione di un provvedimento di custodia cautelare in carcere. Si è, tuttavia, mitigata l'automaticità dell'ingresso in carcere, consentendo al giudice una valutazione circa la lieve entità del fatto;
·         è stata modificata la disciplina del riesame delle misure cautelari ed i termini da ordinatori diventano perentori; dunque ad una violazione dei termini, consegue la perdita di efficacia della misura cautelare;
·         in caso di perdita di efficacia, l'ordinanza cautelare non può essere rinnovata, tranne che non vi siano eccezionali esigenze cautelari.

Questi, per grossi linee, le novità della riforma che, per valutare i suoi effetti, una volta approvata, occorre valutarla sotto un profilo pratico, in punto di attuazione e di esecuzione. 

martedì 8 aprile 2014

PAOLO BROSIO FIRMA LA PREFAZIONE AL LIBRO :“SULLA SCENA DEL DELITTO. ARRINGHE E RICORDI” DI R.G.CRISILEO

A voi cari lettori che state per aprire e leggere questo libro,  e' doveroso da parte mia,  raccontarvi un po' di cose sullo scrittore e su questo libro,  per introdurvi in questo mondo della cronaca nera.
Posso ben parlarvene poiché ho conosciuto l'avvocato Crisileo e ben conosco la cronaca giudiziaria per aver fatto per vent'anni il giornalista dei palazzi di giustizia e dei delitti più efferati.
Raffaele Gaetano Crisileo e' venuto con me in pellegrinaggio a Medugorije dimostrando una grande sensibilità ad aiutare la mia associazione onlus Olimpiadi del Cuore,  che si occupa di infanzia e anziani abbandonati. Egli è uomo di grande cuore e sensibilità sociale e ha manifestato, più volte,  un notevole attaccamento ai valori cristiani. Queste considerazioni avvalorano ancora di più la sua etica professionale che ogni giorno da più di trent'anni viene messa a dura prova nelle aule dei tribunali al fine di contribuire ad una giustizia che sia equilibrata nel duello fra accusa e difesa e l'altro ancor più difficile fra bene e male. Io ben so che svolgere oggi la professione di avvocato e'molto difficile  essendo laureato in giurisprudenza alla facoltà della Sapienza di Pisa. In questi quattro casi da lui descritti di omicidio e conclusi al vaglio della Corte d'Assise,  si assapora il gusto del giallo, dell'intrigo delle miserie umane sempre però con un taglio appassionato per la difesa dei valori umani e cristiani. Insomma un sapiente mix di cronaca nera, sullo sfondo di una salvaguardia di rispetto dei diritti civili ed etici. Cari lettori per la deferenza che ho per chi prende in mano un libro,  vi consiglio la lettura ed auguro al mio caro amico avvocato Crisileo ancora tante soddisfazioni nelle aule di giustizia, ma soprattutto di conservare ben stretto al suo cuore quell'intimo rapporto con la Fede e l'Amore per gli insegnamenti semplici ed umili di Maria Santissima,  con la quale,  solo con essi,  si amano e si apprezzano sempre di più le parole e la vita di Gesù Cristo.
Forte dei Marmi (Lucca), 6 febbraio 2014 
                                                                                                                Paolo Brosio






L’ORATORIA FORENSE : RELAZIONE ED OSSERVAZIONI.

SINTESI DELLA RELAZIONE,  TENUTA IL 3 APRILE 2014,  DALL’ AVV. CRISILEO,  PRESSO IL TEATRO GARIBALDI DI SANTA MARIA CAPUA VETERE (CASERTA)  IN OCCASIONE DEL SEMINARIO DI STUDI:  “ ELOQUENZA, PERSUASIONE E COMUNICAZIONE “ E DELLA PRESENTAZIONE DEL SUO LIBRO “ SULLA SCENA DEL DELITTO. ARRINGHE E RICORDI”.


Nel raccogliere l’invito per parlare di oratoria forense, cercherò di portarvi all’interno di una sofferenza, che è quella di tutti gli avvocati penalisti che, secondo me, sono dei veri psichiatri e psicologi. Dico questo perché il penalista è una persona che lavora con la propria mente e sulla mente del proprio interlocutore. Allora  vorrei cercare di capire come è possibile con la propria mente, capire la mente dell’altro. Ciò, non attraverso formule magiche, ma attraverso moduli quali  l’eloquenza (l’arte oratoria di un tempo, apportatrice di  intelligenza emotiva. rivista in chiave moderna e tecnica);  la persuasione e, da ultimo, la comunicazione cioè  il saper parlare in pubblico. Sono questi i tre temi del seminario di studio di oggi ed i tre sostantivi che il penalista deve sempre declinare nel corso della sua attività professionale. Il processo penale, da duemila anni, è caratterizzato da oralità, immediatezza e pubblicità e presenta tante variabili che richiedono decisioni immediate. Quindi la improvvisazione è una prerogativa del penalista che deve essere portatore di un forte convincimento delle sue tesi. Per esercitare bene la sua professione, egli deve possedere innanzitutto l’eloquenza, poi la padronanza di sé e una buona preparazione in materia. In buona sostanza gli avvocati  penalisti devono essere capaci di persuadere;  di stare in silenzio e di ascoltare. Questi principi di un tempo  sono validi anche oggi, perché il difensore è sempre lo stesso; il suo scopo è sempre il persuadere; il luogo è sempre il Tribunale;  lo strumento è sempre la parola. Quello che è cambiato, invece, sono i clienti che, grazie ad internet, sono diventati più acculturati. Oggi chi si rivolge ad un avvocato non solo cerca conoscenze legali, ma anche empatia e capacità di comunicare. In tema di comunicazione dobbiamo subito evidenziare che l’avvocatura penale necessita di una maggiore padronanza della comunicazione perché l’avvocato penale deve sostenere le ragioni della causa che patrocina,  con un discorso capace di persuadere il giudice. Ed allora, prima di tutto, gli avvocati si formano con l’eloquenza, perché solo l’arte oratoria può dare loro una adeguata proprietà di linguaggio. Quindi l’oratoria è utile,  non solo per i giudizi e per i processi, ma anche nelle relazioni interpersonali professionali, quando  si devono acquisire nuovi clienti,  perché apporta forza e sicurezza all’avvocato. Da una recente inchiesta è risultato che quasi il 90 % di persone, possibili clienti, considera, come primario criterio di scelta di un avvocato, il come il professionista si esprime. E che come si definisce e che ruolo ha la persuasione? Secondo Perloff, la persuasione : ” è un processo simbolico,  in cui i comunicatori cercano di convincere altre persone a cambiare i loro atteggiamenti,  in vista di un problema, attraverso la trasmissione di un messaggio, in un clima di libera scelta”. In quest’ottica, la persuasione è fatta non solo di parole ma anche di  immagini ecc... Per noi avvocati, la persuasione è l’obiettivo della nostra professione; quando essa si verifica, è un miracolo, che ci gratifica.  Rispetto al passato, si applica in modo diverso perché   viaggia in maniera più rapida e sottile. Non vi è dubbio che essere dei buoni persuasori è un arte. Non c'è un  metodo o una lingua già fatti da altri. Ognuno deve creare da sé  il metodo e la strada. La persuasione appartiene al mondo intellettuale, ma anche a quello  emotivo,  perché “ il cuore conosce le ragioni, che la ragione non conosce”, diceva un antico filosofo. Ogni argomentazione deve avere una forma di “simpatia” tra chi espone una tesi e chi la riceve. Quante emozioni vivono nell’animo di un  Giudice che possono facilitare o impedire la persuasione, ma la vera ragione del successo dell’avvocato penalista è l’eloquenza. Egli deve essere sensibile, attento,  con le  antenne dell’atmosfera dell’aula sempre alzate  sia che abbia scelto di difendersi provando sia che abbia scelto di difendersi, resistendo. Secondo Goleman : ” il successo dipende dall’intelligenza emotiva e non solo dagli studi accademici“. E’ vero ! Questa regola appartiene, in modo particolare,  al mondo dei penalisti. Un avvocato, il quale sa tutte le leggi, se non è in grado di comunicare con efficacia, è di certo limitato. L’avvocato penalista non solo deve essere in grado di ricondurre un fatto ad una norma giuridica, ma deve aggiornarsi, frequentare corsi,  mettersi in discussione a qualsiasi età. Insomma il penalista deve essere una persona convinta che non si finisca mai di imparare e che deve essere consapevole dei propri limiti. Una comunicazione verbale efficace  è un sicuro volano, per l’avvocato, per contrastare la tesi della Pubblica Accusa.  In definitiva la comunicazione verbale ha un  potere strabiliante; bisogna saperla usare, con criterio e metodo,  perché ci aiuta a raggiungere gli obiettivi, attraverso l’argomentazione e  la persuasione. Ed allora se è vero che l’energia vitale viene trasmessa attraverso il linguaggio, la gestualità, il tono della voce, lo sguardo, noi  penalisti dobbiamo tener ben presente questi elementi soprattutto quando teniamo  una discussione in un processo dove ci sono due momenti fondamentali : l’argomentare e l’intèlligere, cioè capire il punto decisivo della causa. Infatti, in tutte le cause vi è una questione decisiva che è il bersaglio cui  mirare. Individuato il  nodo della causa bisogna sviluppare gli argomenti e le ragioni da portare a sostegno della propria tesi, vincendo la cd. prova di resistenza. Dunque il vero strumento per difendere è l’argomentazione; è il ragionamento logico, attraverso l’analisi dei dati (le prove)  emersi nel processo. Solo, così, avviene il miracolo della persuasione. Ma l’argomentazione richiede soprattutto una conoscenza che si acquisisce attraverso lo studio di tutte le vicende, anche le più marginali, che possono aiutarci a ricostruire un fatto umano. Poi è necessaria anche una conoscenza giuridica. E non solo,  perché  se si parla, diceva Von Goethe, senza una profonda partecipazione d’amore, quel che si dice, non merita di essere riferito. Quindi la discussione, in un processo,  deve essere fatta, da un lato con partecipazione ed amore e, da un altro lato,  rispettando i principi (ciceroniani)  della limpidezza nell’esposizione, per illuminare gli ascoltatori, del vigore nell’eloquio,  per muovere la loro affettività. Sarai un oratore mediocre – diceva  Fenelon -  se non ti farai pervadere dai sentimenti che vorrai descrivere. E,  per gettarsi nell’avventura della parola  - scriveva  Padre Thaellier de Poncheville – bisogna dimenticarsi che si sta parlando e, addirittura, dimenticare chi si è. E, poi, l’argomento dell’avvocato richiede un lavoro di “inventio”, cioè devono essere esposte le giustificazioni delle tesi prospettate,   in modo  che, alla fine, il Giudice abbia recepito la nostra idea. L’idea di cui parliamo,  è quella che, nel gergo forense, definiamo “ il colpo d’ala” che, a volte, riesce a risolvere una causa,  perché “ il colpo d’ala “ prima colpisce il cuore e, poi,  arriva al cervello del Giudice. In buona sostanza la comunicazione c’è soltanto quando l’avvocato riesce a tenere sveglia l’attenzione per tutta la discussione. Infatti Jean Guitton diceva : “ L’eloquenza consiste nel dire qualcosa a qualcuno …  non è un buon oratore chi non ha idee, ma solo parole”. In definitiva, il nostro pensiero è che il  discorso trasporta un messaggio che l’oratore deve esprimere con chiarezza, con concretezza, con convinzione, con eleganza e con tecnicismo. Per questo l’eloquenza è stata definita l’arte di dare efficacia alla verità. Quindi se mancano questi presupposti, allora non siamo capaci di comunicare veramente.  Nel tempo, l’arringa ha cambiato nome e contenuto; si chiama discussione ed è essenzialmente tecnica perché deve incentrarsi sulla valutazione della prova ed è un’ esposizione diversa da quella degli avvocati di un tempo, che iniziavano con l’ ”esordio” e chiudevano con una “perorazione”. In sintesi, oggi parliamo di una discussione asciutta che deve armonizzare eleganza, tecnica e comunicazione, nell’interpretare il fatto e nel ricondurlo ad un’ipotesi giuridica.