martedì 19 dicembre 2017

BIO TESTAMENTO : UNA LEGGE CONTRO IL PRINCIPIO DELLA SACRALITA’ DELLA VITA ?

La nuova norma che consente al malato terminale di rifiutare le cure è  legge dello Stato  (deve essere solo promulgata  dal Presidente  della Repubblica).
Il mondo cattolico in generale e l’Associazione dei Medici Cattolici, in particolare, annunciano una ferma «obiezione di coscienza». Anche i Vescovi esprimono dissenso. Ma perché ? Perchè la reputano  «inadatta ai sofferenti».
Prima  di dare una nostra opinione in merito, vediamo, in sintesi, che cosa contempla la nuova legge. Essa prevede che nessun trattamento sanitario può essere iniziato o proseguito se manca il consenso informato della persona interessata. Sembra che venga  «valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra il medico e il paziente, il cui atto fondante è il consenso informato» e «nella relazione di cura sono coinvolti, se il paziente lo desidera, anche i suoi familiari». 
Per  i minori «il consenso è espresso dai genitori esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore, tenuto conto della volontà del minore».
Ogni «persona maggiorenne, capace di intendere e volere, poi, in previsione di una  eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, può, attraverso «disposizioni anticipate di trattamento» (Dat), esprimere le proprie preferenze sui trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali». Le Dat, sempre revocabili, sono vincolanti per il medico e devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata autenticata. In caso di urgenza, «la revoca delle Dat può avvenire anche oralmente davanti ad almeno due testimoni».
In buona sostanza tra il medico ed il paziente «rispetto all’evolversi di una patologia invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta, può essere attuato un pianificazione delle cure che il medico deve rispettare se  il paziente incapace, in futuro, non sia nella condizione di esprimere il proprio consenso».
A far sì che si possa dare, in futuro, il consenso, o il rifiuto, a trattamenti sanitari e diagnostici  (qualora appunto si diventi incapace) è necessario aver avuto informazioni sui benefici e/o sui rischi delle cure e degli esami.  Ma cosa debbono ancora fare i medici? Essi devono rispettare il biotestamento e possono disattenderlo solo se non corrisponde più alle condizioni cliniche del paziente, ovvero se sopraggiungono terapie che danno al paziente concrete chances di miglioramento. 
Le nostre considerazioni al riguardo:  in buona sostanza questa legge, secondo noi,  se da un lato ribadisce, in un certo qual senso, il no all'accanimento terapeutico, dall’altro lato non tiene conto del principio della sacralità  della vita umana in quanto il testamento biologico, pur non essendo un atto obbligatorio, ma sempre revocabile non considera che l’autodeterminazione in tema di salute è fortemente condizionata dalla soglia personale di tollerabilità dell’umana sofferenza. E non vi è dubbio - lo sottolineamo - che la mente umana delle persone segnate dal dolore è una mente narcotizzata e dà vita ad ombre che  li portano ad optare, se esposti a malattie neurodegenerative, a demenze, oppure a stati di comprovata compromissione delle facoltà  cognitive,  per scelte finali drastiche in ordine alla propria esistenza; scelte che  possono essere in antitesi rispetto ai principi in cui essi hanno creduto per una vita intera. Ed allora ci dobbiamo chiedere : per quei sofferenti, non più in grado  di decidere sul proprio fine - vita, chi deciderà, al loro posto, quando sarà sopraggiunto il momento di decidere ? Sarà il medico a dover decidere in virtu’ delle Dat ? Una risposta fredda e da leguleio potrebbe essere che la legge appunto stabilisce questo. Ma non possiamo rispondere in modo cosi freddo. Molti hanno scritto, nei loro commenti, al riguardo, che una norma del genere rinsalderebbe una certa forma di alleanza tra medico e paziente, perché porterebbe chiarezza sul da farsi quando le chances  di guarigione per il paziente sono finite. Ci sia consentita una critica : Noi useremmo innanzitutto il condizionale e non il presente (seppur presente storico e diremmo ad esempio “ quando le chanches sarebbero finite “.
Ed è proprio questo, a nostro avviso, il punto sensibile e cruciale della tematica : stabilire il momento in cui queste chances di guarigione sono (rectius, per noi, “sarebbero”). Ed allora, a tal riguardo, ci dobbiamo chiedere : ciò  può essere stabilito in termini di assoluta certezza oppure resta in termini di mera probabilità ?  Questo è  l’ interrogativo-dilemma al quale non possiamo che rispondere in una sola maniera: la certezza scientifica sul punto non esiste, se non in casi eccezionali. Ma la nuova legge non fa una differenziazione tra un caso e l’altro (ad esempio non distingue un elettroencefalogramma piatto da sofferenze derivanti da patologie oncologiche e cosi via). Anche per questo non ci sentiamo  di condividere la ratio della norma  in questione non perché siamo a favore dell’accanimento terapeutico oppure perché ci allineiamo, sic ed simpliciter, ai principi cattolici, ma perché riteniamo che sia letteralmente impossibile stabilire quel limite cosi sottile “ tra quando le chances di vita ci siano ancora e quando dette chances non ci siano più. Ed allora non basta l’autonomia del medico che può fare obiezione di coscienza, ma occorre un esame di coscienza generale che non può  prescindere dal valore della sacralità  della vita.


sabato 28 ottobre 2017

Dal perdono responsabile all’abolizione del carcere attraverso misure alternative: le ipotesi di due giuristi Gherardo Colombo e Luigi Manconi

Non appena si diffonde la notizia di un delitto, subito si pensa  che, chi lo ha commesso,  debba essere incarcerato. Ed allora cerchiamo un’altra prospettiva di analisi. Il magistrato Gherardo Colombo, nel suo libro  “Il perdono responsabile “ - che ho avuto modo di leggere e rileggere in questi giorni - sostiene l‘inadeguatezza del carcere e la necessità di modelli alternativi perche’ la pena retributiva e’ stato un fallimento per il recupero del trasgressore. Infatti il 60 % dei detenuti, una volta liberi, ricommettono  reati; neppure si ripara il danno alla vittima. Inoltre, secondo il dott. Colombo,  questo tipo di detenzione  lede i diritti della persona : perche’ chi  commette un reato  non può essere annientata ! Bellissima questa espressione, che trova la nostra piu’ ampia condivisione. Ma il carcere trionfa nella nostra società perche’ di fronte al reato la risposta  della collettività e’ ancora emotiva. Ed invece dovrebbe trionfare la giustizia “riparativa”che insegna al colpevole ad essere responsabile ed a dialogare con chi ha subito il torto e con la comunità. Se tutto cio’ in prigione non si puo’ fare il carcere non serve. Ecco perche’ condividiamo la giustizia “riparativa”! È questo quello che il giurista Gherardo Colombochiama “perdono responsabile”. Egli pero’ sa che, oggi, un’idea del genere non e’ recepita  bene nella nostra società. 
Ma quali sono le possibili misure alternative? Questa e’ la domanda che ci dobbiamo porre. Innanzitutto  il magistrato Colombopropone la mediazione penale: il colpevole affronta un percorso attraverso cui capisce l’errore e chiede perdono alla vittima,risarcendola  anche simbolicamente; le da’ cosi ristoro alle sue sofferenze.  Altre soluzioni proposte potrebbero essere, ad esempio, l’affidamento ai servizi sociali o a comunità non carcerarie. 
Scrive Gherardo Colombo “ La gran parte dei condannati a pene carcerarie torna a delinquere; la maggior parte di essi non viene riabilitata, ma semplicemente repressa e privata di elementari diritti; la condizione carceraria è di una durezza inconcepibile per chi non la viva;  la cultura della retribuzione costringe le vittime dei crimini alla semplice ricerca della vendetta, senza potersi giovare di alcuna autentica riparazione, di alcuna genuina guarigione psicologica “. 
E’ possibile pensare a forme diverse di sanzione, che coinvolgano vittime e condannati in un processo di concreta responsabilizzazione? Ecco un’altra domanda da porsi. 
Nel suo libro Gherardo Colombo studi le basi della cd. giustizia riparativa, che emerge negli ordinamenti internazionali. Bellissimo un pensiero di Gerardo Colombo quando afferma : “ Quando ho iniziato la carriera di magistrato ero convintissimo che la prigione servisse, ma presto ho cominciato a nutrire dubbi. Anche se non l’ho detto mai, ritenevo giusto, ad esempio, proporre che i giudici, prima di essere abilitati a condannare, vivessero per qualche giorno in carcere come detenuti. Continuavo a pensare che il carcere fosse utile; ma piano piano ho conosciuto meglio la sua realtà e i suoi effetti. Se il carcere non è una soluzione efficace, ci si arriva a chiedere: somministrando condanne, sto davvero esercitando giustizia?”
E noi concordiamo con lui  nel ritenere che Il carcere  emargina e riproduce delitti. Sbarre e celle annullano e basta. Ma quella deldott. Colombo non e’ la voce di chi grida in un deserto. Il Sen. Luigi Manconi, parlamentare e fondatore dell’Associazione Buon Diritto, concorda nel ritenere che, fra coloro che escono dopo aver scontato la pena, quasi il 70’% torna a delinquere; una percentuale assai maggiore di quella che si registra tra chi ha beneficiato delle misure alternative o ha pagato con sanzioni diverse dalla reclusione. E allora, come intervenire ? Il Sen. Manconi, coautore del libro, “Abolire il carcere” lancia proposte per cambiare il sistema con misure alternative che, se applicate, potrebbero essere - secondo noi - una ricetta vincente. Ma molti temono che potrebbe essere compromessa la sicurezza del cittadino se si abolisse il carcere.
Ed invece non e’ cosi ! Per garantire la sicurezza dei cittadini - afferma il parlamentare  - la risposta al reato non e’ la prigione , ma sono le sanzioni patrimoniali, vero deterrente accanto alla mediazione penale, che sta si sta diffondendo in molti Paesi europei e attività riparatorie in favore della collettività, che realizzano quel reinserimento sociale cui la pena deve tendere.
Come si vede il carcere deve perdere la sua centralità. 
Tutto questo perche’ ?  Perche’ Il carcere è un processo di spoliazione, dal primo ingresso fino al momento dell'uscita
Quando la cella si chiude, la vita si svolgerà tra quelle quattro piccole mura senza fare nulla per tutti i giorni della pena. Per questo concordiamo con Gherardo Colombo e Luigi Manconi che la realtà del carcere non va augurata ad alcuno.  Ed allora occorre dare voce a questi sentimenti  affinche’ si realizzi una nuova societa’. La nostra non e’ utopia, ma un desiderio vivo, forte e sentito prendendo spunti da altri Paesi, come la Svezia, ad esempio, di cui abbiamo piu’ volte scritto. 
avv. Raffaele G. Crisileo 


venerdì 28 luglio 2017

Lettera di ringraziamento dell' avv. Raffaele Gaetano Crisileo in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria di Ruviano concessagli in data 11 luglio 2017


" Signor Sindaco, Signor Presidente e Signori Consiglieri Comunali tutti, della Citta' di Ruviano, 

Il mio più sentito  ringraziamento per il conferimento, che mi inorgoglisce, della cittadinanza onoraria di Ruviano, va a tutti voi, Presidente e Consiglieri Comunali , che avete deliberato  unanimemente  di accogliermi fra i cittadini di Ruviano. Questo atto, per me lusinghiero, così come le parole affettuose, con le quali, il Sindaco Roberto Cusano  mi ha comunicato la decisione, mi hanno emozionato. 
Mi sono chiesto il perché di questa decisione e cosa significasse per me.
Sono ritornato, per questo, mentalmente indietro negli anni quando venivo sovente a Ruviano; io ho  casa qui e per questo vengo a studiare, a pensare a scrivere e la domenica a partecipare alla Santa Messa in Chiesa alla Parrocchia San Leone Magno 
Sono raffiorati in mente tanti ricordi  che mi hanno fatto dire : “Signore mio, quanto tempo ho passato  a Ruviano "E' vero sono passati  tanti anni tra persone care, con cui ho condiviso momenti importanti della mia vita, quasi come se io fossi di Ruviano  e, dall'11 luglio 2017, posso dirlo: Sono di Ruviano. 
Per questo, la cittadinanza onoraria di Ruviano per me 
è importante ed e' atto di memoria grata, che pero' mi grava di  una responsabilità. Se si leggono gli albi dei cittadini onorari  si intravede nelle motivazioni un motivo conduttore. 
Mi riferisco allo spirito con cui gli insigniti rispondono. E cio' lo si misura soprattutto  dall' assunzione di responsabilità verso i concittadini che gli conferiscono l'importante onorificenza. 
Per questo il riconoscimento che voi mi attribuite io lo dedico a mia madre e lo condivido idealmente con quanti credono nel valore della  professione  di avvocato che ci chiede di essere generosi e di realizzare nel tempo obiettivi ambiziosi e giusti. Si tratta, forse, di sottolineare quella che, secondo me, e'  la cd. poesia della professione. E quando parlo
di poesia mi riferisco a quella dell' umanità che matura e ci deve essere nelle aule dei Tribunali. 
Mi riferisco allo  scoprire lo spirito del tempo in cui si vive, di capirne l’essenza e l'animo umano dei soggetti protagonisti delle vicende giudiziarie. La loro psicologia. I loro affanni e le loro sofferenza da un lato. Grazie. Ancora Grazie davvero a tutti voi".
Avv. Raffaele Gaetano Crisileo 

giovedì 27 luglio 2017

Entrata in vigore la epocale riforma della giustizia penale e dell’ordinamento penitenziario. Analisi e critiche.

Dopo tante e tante  astensioni di noi penalisti,  perche' non condiviso in alcuni punti, il progetto di legge “Modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e all’ordinamento penitenziario " e' oramai legge dello Stato Italiano. 
Il testo modifica le disposizioni  che riguardano le indagini preliminari, l'archiviazione e l'udienza preliminare ritoccando i  tempi delle diverse fasi, le garanzie della persona offesa dal reato e, al contempo prevede che, allo scadere del termine massimo di durata delle indagini preliminari, il pm ha tre mesi di temp (12 per i reati più gravi), prorogabili una sola volta, per decidere se chiedere o meno al Giudice per le indagini preliminari l'archiviazione oppure se esercitare o no l'azione penale. Viceversa scattera' l' avocazione dell'indagine  del procuratore generale presso la Corte d'appello.
Innovazione importante riguarda le persone offese dal reato che  potranno chiedere informazioni sullo stato del procedimento dopo sei mesi dal deposito della denuncia. 
E non solo ! Esse avranno a disposizione ( e cio' e' estremamente positivo ! ) un tempo piu' lungo per opporsi  alla richiesta di archiviazione ( il termine degli attuali dieci giorni non era assolutamente sufficiente).
Ma la riforma e' epocale e va ad incidere anche sulle impugnazioni penali e sui riti speciali, tra cui l'  abbreviato ed il patteggiamento.
Infine legge delega  il Governo ad intervenire sulle intercettazioni, per trovare un equilibrio tra l'informazione e la riservatezza  (le intercettazioni come  investigazioni restano intatte); ad intervenire sul casellario giudiziale, per ridurre gli adempimenti amministrativi; sull’ordinamento penitenziario: sull’incremento delle opportunità per i detenuti di lavoro retribuito; sul miglioramento della medicina penitenziaria;  sulla tutela delle donne recluse e madri; sulla rieducazione dei detenuti minori di età̀. Il testo prevede inoltre la revisione delle misure alternative alla detenzione e dei benefici penitenziari, in particolare all'istruzione e ai contatti con la società esterna, in funzione del reinserimento sociale.
Ma il punto dolente, causa  di tante polemiche, e' stato (ed e' ) quello della prescrizione riformata. 
La novita' centrale ( che noi penalisti non abbiamo condiviso ) e' che - dopo la sentenza di condanna di primo grado - il termine prescrizionale sia  sospeso fino al deposito della sentenza di appello, e comunque, per un tempo non superiore a a un anno e sei mesi.
E' cio', a mio avviso, puo' essere incostituzionale. 
Per  i reati di maltrattamenti in famiglia, tratta delle persone, sfruttamento sessuale di minori e violenza sessuale e stalking, se commessi in danno di minori, il termine di prescrizione invece decorre dal compimento del diciottesimo anno di età della vittima, salvo che l'azione penale non sia stata esercitata in precedenza; in quest'ultimo caso, infatti, il termine di prescrizione decorre dall'acquisizione della notizia di reato.
E su questo punto nulla quaestio. 
Per i reati di corruzione l'interruzione della prescrizione non puo' comportare l'aumento di più della metà del tempo necessario a prescrivere. 
Anche questa novella non e' condivisibile perche' non si puo' rimanere imputati e " tra quel che sono sospesi " per lunghissimi anni ( in questo caso tra i dodici anni ed i quindici anni). 
Cio' considerato che, come sosteneva il giurista Dario Santamaria, la prima pena per un imputato e' il  processo che costituisce per se' e per la propria famiglia il peggiore dei mali che possa capitare. 
E per fortuna che e' stata introdotta la precisazione che la riforma della prescrizione potra' applicarsi ai soli fatti commessi dopo l'entrata in vigore della legge. Viceversa anche questa norma si prestava ad un giudizio di incostituzionalita'.
Ma e' inconcepibile, per esempio, che una persona che ha commesso un reato a 45 anni ( se condannato con sentenza irrevocabile dopo i 3 gradi di giudizi ) vada ad espiare la sua pena  a 60 anni, quando ha cambiato vita e cosi via. Questo, a mio avviso, non puo' avvenire in un Paese civile!! 
Altre modifiche al codice penale ( che condividiamo a pieno titolo ) consistono nelll'inasprimento delle pene per il reato di scambio elettorale politico-mafioso (reclusione da sei a dodici anni, al posto dell' attuale pena edittale che ha delle forbici che vanno da quattro a dieci anni) e per alcuni reati contro il contro il patrimoni ( ad es. tra il furto in abitazione e con strappo, il furto aggravato e la rapina ecc). 
Ma una importante novita'( che condividiamo in pieno e che, a nostro avviso, avra' un forte potere deflattivo) e' l'estinzione del reato per condotte riparatorie. In buona sostanza il giudice puo' dichiarare estinto il reato se l'imputato ha posto in essere delle condotte riparatorie (ha eliminati le conseguenze del reato), relativamente ovviamente a reati perseguibili a querela. Le nuove disposizioni si applicano anche ai processi in corso. 
Il provvedimento poi modifica direttamente il regime di procedibilità del reato di violenza privata richiedendo nelle ipotesi non aggravata la querela di parte.
Il provvedimento contiene la delega al governo a riformare le intercettazioni e i giudizi di impugnazione. In particolare, per le intercettazioni sono previsti principi a tutela della riservatezza delle comunicazioni e una nuova fattispecie penale (punita con la reclusione non superiore a 4 anni) a carico di quanti diffondano il contenuto di conversazioni fraudolentemente captate, al solo fine di arrecare danno alla reputazione. La punibilità è esclusa pero' ( a nostro avviso correttamente quando le registrazioni vengono utilizzate  in un procedimento amministrativo o giudiziario o per l'esercizio del diritto di difesa o del diritto di cronaca.
Il pm deve assicurare la riservatezza anche degli atti contenenti registrazioni di conversazioni o comunicazioni informatiche o telematiche inutilizzabili a qualunque titolo, ossia contenenti dati sensibili che non sono utili al procedimento. Anche le intercettazioni che abbiano coinvolto occasionalmente soggetti estranei ai fatti per cui si procede devono essere escluse. Il provvedimento contiene anche una disciplina per le intercettazioni effettuate tramite i cosiddetti trojan (i captatori informatici che consentono di captare dialoghi tramite dispositivi mobili).
In conclusione questa riforma anche se presenta molti lati positivi, questi non compensano alcuni aspetti di essa che non sono condividibili in punto di diritto che confermano costantemente una incertezza generale jn tema di processo penale. Cio' perche' si legifera e si novella continuamente mettendo in discussione un assetto che dovrebbe essere fermo e stabile con dei paletti ben determinati nell'ambito di linee guide che tali dovrebbe restare. Viceversa si barcolla nel buio delle interpretazione. Cosa, questa, che dal 24 ottobre 1989 ( entrata in vigore del nuovo codice tipicamente accusatorio) ad oggi e' una costante. E cosi, in uno stato di diritto, tale non dovrebbe essere. 
Speriamo che questo per il futuro non accada piu'
Avv. Raffaele Crisileo 

giovedì 22 giugno 2017

Le nostri radici identitarie di Raffaele G. Crisileo


Le nostri radici identitarie  non posso andare disperse o dimenticate. Sono le nostri radici, le radici dei nostri avi, la nostra cultura e l’orgoglio di essere meridionali. Ricordare la nostra storia e lo splendore del Regno delle due Sicilie, le tradizioni e la cultura e farne memoria grata è un tema sfidante soprattutto in un periodo, come quello in cui viviamo, in cui la nostra Terra, il Meridione d’Italia, viene menzionata e ricordata solo per eventi “nefasti”. Ma i nostri posteri non devono dimenticare la nostra radice identitaria, il nostro brillante passato borbonico ed i suoi splendori ed andarne fieri e, a loro volta, hanno il compito morale di tramandarne la memoria alle generazioni future. Cosi il passato potrà essere ricordato nel presente e mai dimenticato nel futuro. Le pietre saranno vive e i ricordi di quegli splendori culturali continueranno a rivivere dentro di noi. I  posteri faranno memoria del ‘700 napoletano quando il Sud passò a Carlo III di Borbone che, con i suoi averi personali, ricompose  lo Stato attraverso la cultura. Atto di grande generosità storica, la sua! Egli salito al trono di Napoli a soli diciotto anni la rese capitale di uno Stato indipendente, prosperoso di grandissimi capolavori. Egli “sovrano illuminato” era un vero mecenate che amava circondarsi  di intellettuali e di artisti che ponevano in primo piano l’intelletto umano contro l’ignoranza e la superstizione. Gli intellettuali napoletani svolsero dunque un ruolo sociale e culturale di primissimo piano.  Questo fu il ‘700 napoletano, un  periodo in cui la scuola fu istituzione per eccellenza: ogni città  del Regno ebbe una scuola pubblica primaria e quella religiosa le fa da supporto che permise a tutti di imparare a leggere ed a scrivere. Fiori l’Università con le diverse specializzazioni. Ai primi del ‘800  fu istituita l’Accademia delle Belle Arti, l’Accademia Navale, la Scuola Militare della Nunziatella, il Convitto Universitario di Medicina e di Chirurgia, quello di Musica ecc. Finalmente i seminari poterono funzionare e la popolazione al Sud raddoppiò grazie al progresso civile e sociale. Furono costruite strade, la terra venne data a chi la lavorava e lo sviluppo dell’industria e della navigazione in pochi anni raggiunse importanti primati. Le ferrovie fecero la loro prima apparizione a Napoli e la flotta mercantile del Regno delle due Sicilie era seconda solo a quella inglese. La disoccupazione era inesistente: gli operai lavoravano otto ore al giorno e guadagnavano abbastanza; fu istituito un sistema pensionistico. Vennero costruiti sul territorio numerosi ospedali ed ospizi e in quel periodo il tasso di mortalità infantile fu il basso degli altri Stati preunitari. Il 13 febbraio 1861 è una data memorabile:  Antonio Gramsci ebbe parole di apprezzamento per la questione meridionale che sorse in quel periodo. Non vi è dubbio che il Sud ha pagato un prezzo enorme alla causa unitaria. Oggi, dopo 150 anni da quegli eventi, sotto un profilo di critica storica, che giudizio possiamo dare? E’ certamente innegabile che i Borboni hanno segnato per noi meridionali un periodo storico importante  che andrà sempre ricordato cosi come va rivalorizzata la figura di Francesco II, l’ultimo re del Regno delle Due Sicilie, un uomo re profondamente cattolico che amava il suo popolo e che, pur regnando per poco più di un anno, ebbe il tempo di varare varie riforme: di concedere più autonomie ai comuni, di emanare amnistie, di migliorare le condizioni dei carcerati, di eliminare l’imposta sul macinato, di ridurre le tasse doganali, di far aprire le borse di cambio a Reggio Calabria. Inoltre, essendoci una carestia fece comprare il grano all’estero per rivenderlo sottocosto alla popolazione e per donarlo alle persone più indigenti. Ed allora come può essere dimenticata questa figura di uomo dallo spiccato senso della carità cristiana? La risposta è una sola”.

domenica 18 giugno 2017

Il riscontro diagnostico e l'autopsia giudiziaria sono compatibili ?

Il riscontro diagnostico e l'autopsia giudiziaria sono interventi lesivi del cadavere previsti da esplicite norme.
Il D.P.R. n. 285/90 (Regolamento di Polizia Mortuaria) fa una distinzione  fra riscontro diagnostico e autopsia giudiziaria quanto alle diverse finalità cui mirano : clinico-scientifiche il primo, e giuridico-forensi il secondo. 
Il riscontro diagnostico sui cadaveri è disciplinato dalla Legge n. 83/ 1961 e dall'art. 37 del Reg. Polizia Mortuaria ed è un'operazione anatomo-patologica che consente di riscontrare, al tavolo anatomico,  la causa della morte per le seguenti finalità:verifica anatomica della diagnosi clinica; chiarimenti clinico-scientifici;riscontro di malattie infettive;?accertamento delle cause di morte di deceduti senza assistenza medica, trasportati in ospedale o in obitorio; accertamento delle cause di morte delle persone decedute a domicilio,  quando sussiste dubbio sulla causa stessa.
Il riscontro diagnostico è obbligatorio per i cadaveri delle persone decedute senza assistenza medica, trasportati ad un ospedale o ad un deposito di osservazione o ad un obitorio. 
Negli altri casi  è disposto d'autorità dai direttori, primari o medici curanti di persone decedute negli ospedali  per il controllo della diagnosi o per il chiarimento dei quesiti clinico-scientifici. E' disposto  sui cadaveri di persone decedute a domicilio quando la morte sia dovuta a malattia infettiva e diffusiva o sospetta di esserlo, o a richiesta del medico curante quando sussista il dubbio sulla causa della morte.
Nessuno si può opporre al riscontro diagnostico.
Viene eseguito dall'anatomo-patologo ospedaliero per la individuazione delle cause del decesso ed e' redatta un'apposita relazione 
L'autopsia invece è l'attività settoria che viene  eseguita per disposizione dell'autorità giudiziaria e si differenzia dal riscontro diagnostico perchè non ha lo specifico fine di riscontrare l'esattezza della diagnosi clinica, nè è soggetta alle limitazioni vigenti per i riscontri diagnostici che vietano le operazioni settorie non necessarie ad accertare la causa della morte.
Alla luce di cio' ritengo che  il riscontro diagnostico  e' compatibile con l'autopsia

Raffaele Crisileo 


La separazione delle carriere

Si terrà il 4 luglio p.v. presso il Mercato Centrale della stazione Roma Termini, un convegno nazionale del titolo “Separazione delle carriere. Treno in partenza.”. La manifestazione  e' indetta dalle Unioni Camere Penali e mira a raccogliere firme ( gia' siamo a 30 mila firme in meno di un mese ) per ottenere la presentazione di un disegno di legge sulla separazione delle carriere. Ma perche' in Italia come in altri Paesi si deve arrivare ad una separazione delle carriere ? 
Un po' di cronistoria non fa male. 
Come e' noto con la riforma dell’articolo 111  della Cost. che stabilisce la formazione della prova in dibattimento, il Legislatore ha scelto  il modello accusatorio del processo penale   abbandonando  la tradizione inquisitoria. 
In un quadro del genere  è necessario  intervenire per rendere effettiva la terzietà del giudice. 
Per fare ciò è necessario intervenire sul Titolo IV della Costituzione, per separare la magistratura giudicante da quella requirente.
Il concetto di “separazione” non va inteso in senso burocratico, ma mira attraverso la dialettica ad avvicinarsi  alla “verità”, base ideale dell’art. 111 della Costituzione. Quindi le parti del processo devono avere concretamente  le stesse possibilità di far valere le proprie ragioni. 
La separazione delle carriere diventa quindi determinante  per dare piena attuazione al giusto processo e per rendere coerente il testo costituzionale . In buona sostanza rappresenta una tappa fondamentale verso un sistema che garantisca i cittadini, ma anche gli stessi magistrati: si avranno organi dell’accusa da una parte che provengono da un binario  e giudicanti più liberi su un altro binario. 
I nostri giudici e pubblici ministeri non solo sono reclutati con lo stesso concorso e possono spostarsi da una funzione all’altra, ma svolgono  tra l'altro anche le loro funzioni negli stessi palazzi e talvolta ci troviamo purtroppo a magistrati che per un certo periodo hanno svolto le funzioni di pubblico ministero e successivamente, addirittura nello stesso Tribunale, habbo svolto le funzione di giudice per le indagini preliminari. Tutto ciò ha creato diffuse solidarietà di corpo, innumerevoli, quotidiane occasioni in cui pubblici ministeri e giudici si comunicano probabilmente  le reciproche difficoltà di lavoro. 
È questa, peraltro, una valutazione sostenuta  dallo stesso Parlamento europeo che ha piu' volte affermati, tra l’altro, che «è anche necessario garantire l’imparzialità dei giudici distinguendo tra la carriera dei magistrati che svolgono attività di indagine e quella di giudice al fine di assicurare un processo giusto. 
In un quadro del genere riteniamo che la Costituzione vada dunque riformata nelle parti che riflettono l’antica visione inquisitoria e che impediscono la piena attuazione dei principi del giusto processo. In definitiva riteniamo che occorra, in breve tempo,un’opera di armonizzazione della riforma introdotta con la legge 23 nov. 1999, n. 2, che prevede un Giudice imparziale e terzo. 

Due soggetti e due ruoli distinti in un contesto nel quale non sia prevista ll’interscambiabilità delle funzioni (requirente e giudicante).  Ci auguriamo che cio' in Italia avvenga presto proprio per dare atto concreto alla riforma del giusto processo. 

 Avv. Raffaele Crisileo 

mercoledì 14 giugno 2017

Sintesi della relazione dell’avv. Raffaele G. Crisileo Congresso Provinciale “ Medicina Legale e Giurisprudenza “ tenutosi al real Sito Belvedere di San Leucio di Caserta 26-27 maggio 2017.

La responsabilità penale nell’attività medico-sanitaria: da “omicidio colposo” alla “responsabilità colposa per morte” e dalle “lesioni personali colpose” alle “lesioni personali in ambito sanitario”.

Signori,
La complessità che caratterizza l'attività medico-sanitaria rende conto di una serie di obblighi e di doveri, la cui inosservanza può costituire fonte di conseguenze per il professionista sul piano penale.
Va premesso  che l'Italia non ha una regolamentazione penale specifica sul ruolo del medico  che,  nella sua opera, commette atti anche invasivi sul corpo del paziente: ad es. una semplice incisione cutanea, durante  un intervento chirurgico, potrebbe, teoricamente,  essere inquadrata quale lesioni; atto, questo, che perde le caratteristiche di un reato esclusivamente in presenza di una scriminante ( il consenso informato).
Numerose sono  le correlazioni tra il diritto penale e l'attività sanitaria: la discussione dottrinaria sulla qualificazione della responsabilità penale del medico è  in continuo divenire  per le novità del progresso scientifico e per la nuova struttura organizzativa della Sanità.
Una premessa è doverosa : l'attività medico-chirurgica è definita dal nostro ordinamento   "pericolosa", ma è anche utile e lecita in quanto il suo fine è la salvaguardia della salute e della vita.
Ciò significa che l'ordinamento giuridico consente questa attività entro il limite del cosiddetto "rischio consentito", superato il quale  si cade nella responsabilità per colpa. Dunque abbiamo responsabilità del medico quando una determinata condotta è prevista dal codice penale (o da altre leggi) come reato oppure quando vi è inosservanza di divieti o di inadempienza di obblighi inerenti l'esercizio della professione sanitaria.In buona sostanza il medico può essere quindi chiamato a rispondere in sede penale per le conseguenze dannose derivanti da un suo non diligente svolgimento della prestazione professionale (colpa).Ciò perché egli, nell'esercizio della sua attività, ricopre una posizione di garanzia tipica nei confronti della persona affidata alle proprie cure e di cui  egli  ha obbligo di farsi carico di tutte le implicazioni rischiose.
E allora il medico, nell'eseguire la prestazione, deve agire in conformità alle norme che disciplinano l'assistenza sanitaria come servizio di pubblica necessità, oltre ad essere obbligato a rispettare il Codice Deontologico.
Di qui il passaggio : da “omicidio colposo” alla “responsabilità colposa per morte”; dalle “lesioni personali colpose” alle “lesioni personali in ambito sanitario”.
Egli ha l'obbligo di proteggere la salute del paziente.
I più comuni profili di responsabilità penale del medico riguardano reati di tipo colposo, nello specifico l'omicidio colposo (art. 589 Cod. Pen.) e le lesioni personali colpose (art. 590 Cod. Pen.
Nella categoria generale dell' ex omicidio colposo sono comprese le evenienze che rientrano nella categoria  generica della colpa medica.  Nel caso di lesioni in ambito sanitario la condotta del sanitario potrà , in questi casi, essere sia attiva che omissiva.  In questo secondo caso, l'agente è punibile quando in capo a lui vi è l’obbligo concreto di attivarsi.  La difficoltà in queste tipologia sta nell'inquadramento del rapporto causa – effetti tra la condotta del sanitario e l'evento che si è verificato.  Infatti solo se l'evento finale si sarà realizzato in diretta conseguenza dell'azione od omissione dell'agente, questi sarà imputabile.
Occorre inoltre specificare che  l'atto medico necessita del  consenso informato perché si è affermato il principio di autodeterminazione del paziente quale regola del rapporto tra lo stesso paziente ed il medico.
E  passiamo al disegno di legge Gelli.
Nella ricerca di un nuovo equilibrio  nel rapporto medico-paziente  il 28 feb. 2017, l'Assemblea di Montecitorio ha approvato, in via definitiva, il disegno di legge sulla responsabilità professionale e la sicurezza delle cure.
Dopo oltre quindici anni  ed un primo tentativo, con la legge Balduzzi, di  normare la materia, il c.d. disegno di legge  “Gelli” oggi dà comunque  una risposta al tema della responsabilità professionale del personale sanitario e della sicurezza delle cure per i pazienti.
Con il nuovo provvedimento si cerca di regolamentare  l’attività di gestione del rischio sanitario e quindi  cambia anche la responsabilità (civile e penale) per gli esercenti la professione sanitaria.
L’intero provvedimento si compone di 18 articoli. La novità della Legge sta nellintroduzione, allinterno del Codice penale, di una nuova norma, l’art. 590 sexies c.p..
Responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario.
Prima di esaminare la nuova norma, introdotta dallart. 6 della nuova Legge, è utile fare un flash sul «retroterra»   in cui la Legge Balduzzi, e poi la  Gelli, si sono inserite.
Nellordinamento  italiano  l’esigenza  di  circoscrivere  la  rilevanza  penale  della condotta colposa del medico è emersa intorno al 1950 con un orientamento che tendeva a circoscrivere la responsabilità penale del medico ai casi di condotta grossolanamente erronea. Questo orientamento aveva trovato un addentellato normativo nell’art. 2236 c.c., che limita la responsabilità del prestatore dopera ai casi di dolo o di colpa grave.
L’orientamento giurisprudenziale successivo, avallato da una  pronuncia della Corte Costituzionale del 1973, è pervenuto a una soluzione compromissoria. Era successo che - fermo restando la possibilità di estendere la norma di cui all’art. 2236 c.c. nel settore penale -  la limitazione della responsabilità medica non riguardava tutte le componenti della colpa ma solo l’imperizia.
Successivamente in  seguito un orientamento che negava la diretta applicabilità - in campo penale del limite della colpa grave di cui allart. 2236 c.c. – estendeva alla colpa medica i  criteri  di  valutazione  della  colpa  ex art. 43 c.p.
La dimensione  del contenzioso  giudiziario  nei confronti dei  medici ha  comportato,  nel personale sanitario, una reazione di massa, con la medicina difensiva,  nata nei Paesi anglosassoni, poi negli Stati Uniti,  successivamente in Canada, in Australia,  in Giappone e da ultimo in Italia.
La medicina difensiva si attua quando i medici prescrivono trattamenti o visite, oppure li evitano allo scopo di evitare accuse.  
Il fenomeno si estrinseca in una serie di decisioni che obbediscono allintento di evitare accuse per non avere effettuato tutte le indagini e tutte le cure conosciute o, al contrario, per avere effettuato trattamenti gravati da alto rischio di insuccesso o di complicanze.
Allo scopo  di  disincentivare  i  comportamenti  di  medicina  difensiva, nel novembre del 2012 è stata approvata la Legge 189/2012, cosiddetta Legge Balduzzi che all’art. 3 in particolare raccomandava all’ esercente la professione sanitaria di attenersi alle linee guida e alle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica e li escludeva dalla responsabilità per colpa lieve.
La norma era stata definita «laconica, incompleta e poco chiara» e il difetto principale della Legge Balduzzi era  «nella scelta dei mezzi per conseguirli».
L’introduzione dellart. 590 sexies.
La riforma mira a risolvere i dubbi  dellart.  3  della  Legge  Balduzzi,  ad aumentare il tassdi  garanzie  per  gli  operatori   sanitari; a scongiurare la medicina difensiva.
L’art. 590 sexies c.p., introdotto dall’art. 6 della Legge, presenta due diversi commi : ll primo prevede che se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nellesercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo comma”;  Il secondo comma prevede che “qualora levento si sia verificato a causa di imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali.
Nella nuova versione, è dunque venuto meno ogni riferimento al grado della colpa.
La novità è che viene rimodulata, in modo significativo, l’ambito della responsabilità penale del sanitario.
Poi scompare il riferimento alla colpa lieve e la punibilità è  esclusa per i soli casi in cui siano state rispettate le raccomandazioni previste dalllineguida,  come  definite  e  pubblicatai  sensi  dlegge,  e  semprche risultino adeguate alle specificità del caso concreto, ovvero, in mancanza di esse, alle buone pratiche clinico-assistenziali.
La precedente formulazione della norma non aveva delineato una vera e propria definizione normativa della colpa grave”,  limitandosi  ritenerla  esclusa  dallosservanza  delllinee  guida.
Occorre prendere atto che il concetto di “colpa grave” è stato tolto dalla nuova norma  per togliere dubbi interpretativi che avrebbero potuto sorgere dall’ennesima graduazione della colpa (priva di definizione).
Mediante lespresso riferimento alla sola imperizia, la norma cristallizza l’orientamento maggioritario, elaborato dalla giurisprudenza con riferimento alla Legge Balduzzi, avallato anche da una sentenza particolarmente “illuminata”, che circoscriveva la sfera applicativa dellart. 3, comma primo, alle sole ipotesi di colpa per imperizia.
Già sono partite le critiche della dottrina perché  si danno  indicazioni tassative nel distinguere le diverse ipotesi di colpa generica contenute nellart. 43 c.p.. In pratica  i confini tra le categorie di imperizia, negligenza e imprudenza sono spesso  offuscati e assai labili.
Losservanza delle linee guida e la specificità del caso concreto.
La riconducibilità della colpa del medico allaspecies” dellimperizia è uno dei presupposti cui è ancorata loperatività della nuova disposizione di cui all’art. 590 sexies c.p..
 Gli ulteriori presupposti cui è subordinata lapplicabilità dellart. 590 sexies c.p. sono il rispetto delle linee guida e ladeguatezza alle specificità del caso concreto delle linee guida.
Il secondo comma della norma di cui allart. 590 sexies c.p. esclude  la punibilità nel caso in cui il medico abbia agito nel rispetto delle raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, pur facendo salve le specificità del caso concreto.
Le linee guida sono soltanto quelle elaborate da enti o istituzioni pubblici e privati nonché dalle società scientifiche e dalle associazioni  tecnico-scientifiche  delle  professioni  sanitariiscritte  in  apposito elenco istituito e regolamentato con decreto del Ministero della salute da emanare entro novanta giorni dalla entrata in vigore della presente legge, e da aggiornare con cadenza biennale (art.5).
L’art. 5 dell Legg prevede   ch gl esercent l professioni   sanitarie, nell’esecuzione  delle  prestazioni  sanitarie con finalità  preventive,  diagnostiche, terapeutiche, palliative, riabilitative e di medicina legale si attengono”, salve le specificità del caso concreto, alle raccomandazioni previste dalle linee guida pubblicate ai sensi del comma terzo ecc.
In mancanza di queste raccomandazioni, gli esercenti le professioni sanitarie si attengono” alle buone pratiche clinico-assistenziali.
Rispetto alla prima formulazione dell’art. 5, si sono ulteriormente dettagliate le procedure di accreditamento delle linee guida e delle buone pratiche e il capoverso  stabilisce  i requisiti previsti al fine di regolamentare liscrizione in apposito elenco delle società scientifiche.
La codificazione espressa delle linee guida  è uno dei punti chiave della riforma:  la nuova Legge si distingue così dalla Legge Balduzzi, che non aveva indicato le linee guida e le buone pratiche da seguire, generando incertezze interpretative.
La riforma dovrebbe dunque comportare una maggiore determinatezza in ordine alle fattispecie di reato ivi previste.
Non vi è dubbio che le linee guida presentano al contempo pregi e difetti.
Esse sono figlie della  cd. medicina  basata  sulle evidenze:   definita  come  luso  cosciente   della migliore prova  prodotta dalla ricerca clinica, per prendere decisioni sulla cura dei pazienti e l’organizzazione sanitaria. 
Le novità. La responsabilità penale del sanitario dopo la riforma Gelli-Bianco.
Il nuovo art. 590-sexies c.p. è formata da  due commi:  il primo si presenta privo di ogni contenuto innovativo prescrivendo che, “salvo quanto disposto dal secondo comma”, “se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano le pene ivi previste”.
In conclusione, l’intervento riformatore ha uniformato il trattamento penale del medico a quello della generalità degli individui suscitando una serie di critiche sulle quali a noi non spetta disquisire.
Profili di diritto processuale penale.
Nulla quaestio sulla costituzione di parte civile ex art. 74 ss. c.p.p. in ordine all’esperibilità di un’azione risarcitoria. Quanto all’azione civile per risarcimento danni  essa è stata subordinata alla previa istanza di consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis c.p.c. (ovvero, in alternativa, di un procedimento di mediazione ex art. 5, co.1 bis, d. lgs. 4 marzo 2010, n. 28).
La principale  novità introdotta in materia processuale penale riguarda la specializzazione dei C.T. e periti  chiamati a coadiuvare il giudice penale nell’accertamento della responsabilità dei sanitari.
E’ importante l’art. 15 della riforma che dice :  tanto nei procedimenti civili quanto in quelli penali “aventi ad oggetto la responsabilità sanitaria”, “l’autorità giudiziaria affida l’espletamento della consulenza tecnica e della perizia a un medico specializzato in medicina legale e a uno o più specialisti nella disciplina che abbiano specifica e pratica conoscenza di quanto oggetto del procedimento, avendo cura che i soggetti da nominare, scelti tra gli iscritti negli albi di cui ai commi 2 e 3, non siano in posizione di conflitto di interessi nello specifico procedimento o in altri connessi”.
Nell’albo dei periti ex art. 67 att. c.p.p. (come anche nell’albo dei consulenti tecnici ex art. 13 att. c.p.c.) debbono essere  “indicate e documentate le specializzazioni degli iscritti esperti in medicina”, e l’elenco deve essere aggiornato “con cadenza almeno quinquennale”.
La responsabilità penale nel testo della nuova legge.
La nuova disciplina penale è contenuta nell’art. 6 della nuova legge che introduce il nuovo art. 590 sexies del codice penale.
I punti essenziali della riforma sono questi : - si conferma la punibilità, per i fatti commessi nell’esercizio della professione sanitaria, ai sensi degli artt. 589 e 590 c.p. (co.1); - si esclude la punibilità quando siano “rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto”; - l’esclusione della punibilità è limitata ai soli casi di imperizia.
In conclusione la nuova normativa ha ristretto l’ambito di applicazione della nuova normativa, sotto il profilo penale, ai due reati indicati nel nuovo art. 590 quinquies del codice penale.
In altre parole ai casi di omicidio colposo e lesioni colpose che effettivamente costituiscono i casi più frequenti di responsabilità dell’esercente la professione sanitaria.
La seconda rilevantissima modifica è che viene escluso ogni riferimento al grado della colpa. Non si parla più di colpa “lieve” (come nella legge Balduzzi”) né di colpa “grave” (come nel testo licenziato dalla Camera).
In astratto si tratta di una scelta condivisibile perchè la linea di confine tra colpa lieve e colpa grave è talmente labile che, percorrendo questa strada, si sarebbe finito  per lasciare alla discrezionalità del giudice la individuazione del fatto se costituisca reato oppure no.
Quanto al riferimento al rispetto delle linee guida e delle buone pratiche:  il legislatore ha compiuto una valutazione presuntiva di esclusione della colpa quando il medico abbia osservato i parametri indicati, e non sia stato negligente o imprudente.
Certamente restano le  difficoltà di selezionare tra imperizia e negligenza ed a  questo punto  ci dobbiamo chiedere :  la disciplina Gelli è più favorevole oppure no  rispetto alla disciplina della legge Balduzzi ovviamente nei confronti della persona cui viene addebitato il reato di omicidio o lesioni colpose ?   La risposta non è semplice !  Ad un primo esame la nuova disciplina sembrerebbe più favorevole all’imputato o indagato che non è punibile, per questi reati, se dimostrta di aver rispettato le linee guida o le buone pratiche qualunque sia il grado della colpa; e quindi anche in caso di colpa grave !
Attenzione perché non è facile dimostrare di aver fedelmente seguito le linee guida e la buona prassi scientificamenta accreditata.  Nei casi concreti succederà che i giudici dovranno risolvere il problema soprattutto con riferimento alle ipotesi di colpa lieve riferita a negligenza o imprudenza.
Il secondo aspetto di rilievo è costituito dalla circostanza che è espressamente previsto che, per escludere la punibilità, l’osservanza delle raccomandazioni previste dalle linee guida devono risultare “adeguate alla specificità del caso concreto”.
E chi lo stabilisce ?  Resta una grave lacuna.  Non  sembrano invece fondate le critiche che si riferiscono ad un presunto contrasto con il principio di libertà terapeutica con il diritto alla salute e con il diritto di autodeterminazione del paziente.
Da tempo la giurisprudenza di legittimità sosteneva che la semplice osservanza delle linee  guida  non  eridonea,  di  per  sé,  ad  escluderlrilevanza  penale  della condotta del medico.
La giurisprudenza  sottolineava che la verifica circa il rispetto delle linee guida doveva essere affiancata a unanalisi, svolta eventualmente attraverso perizia, della correttezza delle scelte terapeutiche alla luce della concreta situazione in cui il medico era chiamato a intervenire.
La nuova norma di cui allart. 590 sexies c.p. sancisce la necessità che le raccomandazioni previste dalle linee guida risultino adeguate alle specificità del caso concreto.
Si tratta del terzo presupposto cui è ancorata loperatività della norma, insieme all’imperizia e al rispetto delle linee guida.
Il punto debole di tutto questa riforma, in conclusione, sta  nel fatto che la norma determina  unampia discrezionalità in capo al giudice  che deve non solto valutare se la condotta del medico rientri nel campo dellimperizia, ma anche quello  di verificare se la  raccomandazione seguita sia specifica al caso concreto.

Concludiamo con una critica  : riteniamo che  anche questa volta il legislatore anche questa volta abbia mostrato  la sua debolezza volendo descrivere «unarea di non punibilità    cu confini   sono già   sull carta,   piuttost mobili