sabato 25 ottobre 2014

LA CONDANNA A MORTE CONTRO ASIA BIBI E’ CONTRARIA AI PRINCIPI UMANITARI DEL DIRITTO INTERNAZIONALE. Considerazioni dell’avv. Raffaele Gaetano Crisileo

L’Alta Corte di Lahore, il 6 ottobre u.s., ha confermato la condanna a morte di Asia Bibi, la cristiana pakistana di quarantanove anni condannata alla pena capitale nel 2010 e, in carcere, da più di cinque anni con l’accusa di “blasfemia”, la quale ha fermamente rifiutato di convertirsi all’islam.
La speranza ora è appesa alla Corte Suprema che, se rigetterà il ricorso di Asia, la donna cristiana verrà lapidata (come accadde a Santo Stefano, nel primo secolo dell’era cristiana, che non volle rinnegare il Cristo).
Il caso di Asia, in Pakistan, non è isolato, ma i cristiani, detenuti con l’accusa di “blasfemia” nelle prigioni di quel Paese, sono numerosissimi.
La locale Commissione per i diritti dell’uomo incessantemente ha ingaggiato una battaglia contro la legge anti-blasfemia.
I giudici dell’Alta Corte di Lahore, in grado di appello, hanno ritenuto credibili le accuse di due donne musulmane che hanno testimoniato contro Asia, accusandola di “blasfemia” contro l’islam.
La donna pakistana, di fede cattolica, sposata e madre di cinque figli, il 14 giugno  2009, mentre era intenta a lavorare la terra, andò a prendere dell’acqua da un pozzo e poi la offrì alle sue compagne che erano con lei, ma venne accusata di avere infettato la fonte, in quanto lei, essendo cristiana, era un’infedele.
Asia Bibi ha sempre respinto quell’accusa e si è rifiutata di convertirsi all’islam, sostenendo fermamente la sua fede in Dio.
Accusata di “blasfemia”, alcuni giorni dopo, questa accusa, venne formalizzata dal mullah musulmano agli organi di polizia.
Per la cronaca, la cd. “legge nera” venne introdotta nel codice penale pakistano nel 1976 e confermate nel 1982 e nel 1986 e  le pene per chi offende l’islam prevedono l’ergastolo e la condanna a morte.
Non c’è scampo per chi viene accusato di blasfemia: molti cristiani sono stati uccisi mentre entravano in tribunale per il processo, perché, secondo  i gruppi fanatici islamici, la giustizia umana è inferiore a  quella divina. Questo è il motivo per cui sempre più spesso gli imputati non assistono ai dibattimenti in aula e, anche se assolti, sono costretti a lasciare il paese per sempre.
La condanna a morte di Asia Bibi, come ha dichiarato il Vescovo di Pune, mons. Thomas Dabre, che ha chiesto l’intervento e l’aiuto della Comunità internazionale, è uno sfregio contro la dignità umana.
Ma, secondo noi, vi è di più !
Sotto un profilo di diritto internazionale le leggi sulla “blasfemia” sono decisamente  "contrarie allo spirito dei diritti umani", perché tutti devono poter seguire liberamente la propria religione e devono avere la libertà di culto.
Secondo noi è urgente modificare le leggi sulla “basfemia” soprattutto in Pakistan,  stato a maggioranza musulmana, dove i cristiani sono una piccola  minoranza.
Quel governo deve fare decisamente molta attenzione ad applicare provvedimenti del genere e la comunità internazionale deve movimentarsi al più presto in favore di Asia Bibi.
In tale quadro ci auguriamo che gli Organismi internazionali e la Santa Sede intervengano affinchè sia concessa la grazia ad Asia e, nello stesso tempo, leggi del genere sulla “blasfemia”, decisamente draconiane, che tradiscono l’ affermazione dei diritti umani, vengano al più presto abolite.
Siamo nel duemila ed abbiamo imparato tante cose, come la libertà di culto, il diritto alla vita, la libertà di espressione; conquiste, queste, per noi  irrinunciabili e sinonimo di libertà.
Purtroppo la storia umana non ci finisce mai di stupire ed il caso di Asia Bibi (a favore della cui causa di libertà sono state raccolte ben quattrocentomila firme!!! ) ci dimostra che quando la mente ed i cuori degli uomini diventano ciechi, l’uomo è “lupo all’altro uomo”, per usare una frase del filosofo Tommaso Hobbes, ed è possibile uccidere con crudeltà.
Ciò non deve avvenire perché i valori umani deve predominare su tutto e tutti !
Non parlo solo da cristiano, ma anche da giurista libero ed amante dei valori improntati all’insegna della libertà e della dignità della persona umana che merita rispetto assoluto.