Non appena si diffonde la notizia di un delitto, subito si pensa che, chi lo ha commesso, debba essere incarcerato. Ed allora cerchiamo un’altra prospettiva di analisi. Il magistrato Gherardo Colombo, nel suo libro “‘Il perdono responsabile “ - che ho avuto modo di leggere e rileggere in questi giorni - sostiene l‘inadeguatezza del carcere e la necessità di modelli alternativi perche’ la pena retributiva e’ stato un fallimento per il recupero del trasgressore. Infatti il 60 % dei detenuti, una volta liberi, ricommettono reati; neppure si ripara il danno alla vittima. Inoltre, secondo il dott. Colombo, questo tipo di detenzione lede i diritti della persona : perche’ chi commette un reato non può essere annientata ! Bellissima questa espressione, che trova la nostra piu’ ampia condivisione. Ma il carcere trionfa nella nostra società perche’ di fronte al reato la risposta della collettività e’ ancora emotiva. Ed invece dovrebbe trionfare la giustizia “riparativa”che insegna al colpevole ad essere responsabile ed a dialogare con chi ha subito il torto e con la comunità. Se tutto cio’ in prigione non si puo’ fare il carcere non serve. Ecco perche’ condividiamo la giustizia “riparativa”! È questo quello che il giurista Gherardo Colombochiama “perdono responsabile”. Egli pero’ sa che, oggi, un’idea del genere non e’ recepita bene nella nostra società.
Ma quali sono le possibili misure alternative? Questa e’ la domanda che ci dobbiamo porre. Innanzitutto il magistrato Colombopropone la mediazione penale: il colpevole affronta un percorso attraverso cui capisce l’errore e chiede perdono alla vittima,risarcendola anche simbolicamente; le da’ cosi ristoro alle sue sofferenze. Altre soluzioni proposte potrebbero essere, ad esempio, l’affidamento ai servizi sociali o a comunità non carcerarie.
Scrive Gherardo Colombo “ La gran parte dei condannati a pene carcerarie torna a delinquere; la maggior parte di essi non viene riabilitata, ma semplicemente repressa e privata di elementari diritti; la condizione carceraria è di una durezza inconcepibile per chi non la viva; la cultura della retribuzione costringe le vittime dei crimini alla semplice ricerca della vendetta, senza potersi giovare di alcuna autentica riparazione, di alcuna genuina guarigione psicologica “.
E’ possibile pensare a forme diverse di sanzione, che coinvolgano vittime e condannati in un processo di concreta responsabilizzazione? Ecco un’altra domanda da porsi.
Nel suo libro Gherardo Colombo studi le basi della cd. giustizia riparativa, che emerge negli ordinamenti internazionali. Bellissimo un pensiero di Gerardo Colombo quando afferma : “ Quando ho iniziato la carriera di magistrato ero convintissimo che la prigione servisse, ma presto ho cominciato a nutrire dubbi. Anche se non l’ho detto mai, ritenevo giusto, ad esempio, proporre che i giudici, prima di essere abilitati a condannare, vivessero per qualche giorno in carcere come detenuti. Continuavo a pensare che il carcere fosse utile; ma piano piano ho conosciuto meglio la sua realtà e i suoi effetti. Se il carcere non è una soluzione efficace, ci si arriva a chiedere: somministrando condanne, sto davvero esercitando giustizia?”
E noi concordiamo con lui nel ritenere che Il carcere emargina e riproduce delitti. Sbarre e celle annullano e basta. Ma quella deldott. Colombo non e’ la voce di chi grida in un deserto. Il Sen. Luigi Manconi, parlamentare e fondatore dell’Associazione Buon Diritto, concorda nel ritenere che, fra coloro che escono dopo aver scontato la pena, quasi il 70’% torna a delinquere; una percentuale assai maggiore di quella che si registra tra chi ha beneficiato delle misure alternative o ha pagato con sanzioni diverse dalla reclusione. E allora, come intervenire ? Il Sen. Manconi, coautore del libro, “Abolire il carcere” lancia proposte per cambiare il sistema con misure alternative che, se applicate, potrebbero essere - secondo noi - una ricetta vincente. Ma molti temono che potrebbe essere compromessa la sicurezza del cittadino se si abolisse il carcere.
Ed invece non e’ cosi ! Per garantire la sicurezza dei cittadini - afferma il parlamentare - la risposta al reato non e’ la prigione , ma sono le sanzioni patrimoniali, vero deterrente accanto alla mediazione penale, che sta si sta diffondendo in molti Paesi europei e attività riparatorie in favore della collettività, che realizzano quel reinserimento sociale cui la pena deve tendere.
Come si vede il carcere deve perdere la sua centralità.
Tutto questo perche’ ? Perche’ Il carcere è un processo di spoliazione, dal primo ingresso fino al momento dell'uscita
Quando la cella si chiude, la vita si svolgerà tra quelle quattro piccole mura senza fare nulla per tutti i giorni della pena. Per questo concordiamo con Gherardo Colombo e Luigi Manconi che la realtà del carcere non va augurata ad alcuno. Ed allora occorre dare voce a questi sentimenti affinche’ si realizzi una nuova societa’. La nostra non e’ utopia, ma un desiderio vivo, forte e sentito prendendo spunti da altri Paesi, come la Svezia, ad esempio, di cui abbiamo piu’ volte scritto.
avv. Raffaele G. Crisileo