Nei procedimenti per reati sessuali su minori, specie se si tratta di bambini in tenera età, la valutazione della capacità a testimoniare e della credibilità della vittima riveste - a mio parere - un ruolo decisivo.
In questi casi il giudice può decidere senza aver prima disposto una perizia psicologica sul bambino? Questa e’ la domanda che ci dobbiamo porre perche’ e’ una tematica molto dibattuta, specialmente in questi ultimi tempi e quindi attuale.
Al quesito - secondo me - ha risposto di recente la Corte di Cassazione, Terza Sezione Penale, con la sentenza 2016 /43245.
I Giudici della Suprema Corte hanno affermato la necessità dell’utilizzo, in sede di processo penale, della perizia psicologica sul minore "presunta vittima" del reato per accertare la veridicità dei fatti da lui narrati e, poi, hanno affermato la possibilità di ricorrere in Cassazione quando manchi questo elemento.
Ciò premesso debbo sottolineare che "il reato di atti sessuali con minorenne si caratterizza per un’attività di pressioni o di persuasione finalizzata a determinare la persona nel senso voluto dall’agente".
Per questo motivo, occorre, secondo me, nel caso di dichiarazioni del minore - vittima di reati sessuali - “ verificare la sua precipua attitudine psicofisica ad esporre le vicende in modo esatto, nonché la sua posizione psicologica rispetto alle situazioni interne ed esterne".
E cio’ dove ci conduce ? Questo ci dobbiamo chiedere. Ebbene secondo me cio’ ci porta a ritenere che "soltanto quando il Giudice disponga di concreti elementi per stabilire che il dichiarante sia assolutamente incapace di rendere dichiarazioni, opera il divieto di assumere le dichiarazioni",
In secondo luogo, debbo poi riportare alcune considerazioni del Giudice Carlo Crapanzano che, in un suo scritto giuridico, che ho
avuto modo di leggere in questi giorni, scrive : “ secondo quanto prevede il primo comma dell’art. 196 c.p.p., ogni persona ha la capacità di testimoniare e tale principio vale come riferimento di carattere generale anche per i minorenni".
A fronte di tale affermazione tsluni hanno mosso critiche sostenendo che sarebbe invece "preclusa tale testimonianza dall’ art.120 c.p.p. dove si prevede che "Non possono intervenire come testimoni ad atti del procedimento: a ) i minori degli anni quattordici …. " .
Ma, attenzione, osserviamo noi, la giurisprudenza di Cassazione ha -da tempo- interpretato e chiarito la norma secondo la quale "l’art. 120 c.p.p. non pone alcun divieto alla testimonianza dei minori, in quanto stabilisce solo che i minori degli anni quattordici e gli altri soggetti appartenenti alle categorie ivi indicate non possono intervenire come testimoni ad atti del procedimento".
Il Giudice Crapanzano conclude affermando che “si fissa in tal modo “ solo una inidoneità generale della persone catalogate ad assolvere alla funzione di garanzia che la legge prevede per il compimento di determinate attività (ispezioni, perquisizioni ecc... )”.
In altri termini, secondo l'Autore: "... La minore età di un testimone non incide sulla capacità di testimoniare, che è disciplinata dal principio generale contenuto nell’art. 196, co. 1, del c.p.p., ma solo sulla valutazione della testimonianza e, cioè, sull’attendibilità... “. In prospettiva, infatti “ opera il regime ex art. 498, co. 4, del c.p.p. per l’esame del minore affidato al presidente del collegio giudicante e con l’ausilio di un un esperto psicologo".
Ciò implica, a parere dell’Autore , che per poter eseguire un esame testimoniale ben organizzato, sul minore -vittima di reato sessuale, vanno messe in atto, le linee-guida della “Carta di Noto" (1996/2002), che è entrata a far parte dei "criteri e valutazioni dei quali tengono conto i Giudici" per verificare "l’attendibilità dei testimoni".
Noi condividiamo in pieno questa tesi perche’ nella Carta di Noto si prevede che: "...i professionisti formati a raccogliere le testimonianze dei minorenni debbano usare metodologie e criteri scientifici affidabili dovendo, però, al contempo, tenere presente che "la valutazione psicologica non può avere ad oggetto l’accertamento dei fatti per cui si procede...".
In conclusione - secondo noi “ la valutazione (del minorenne) a rendere testimonianza può essere affidata ad un perito, mentre "la veridicità o meno del racconto del minorenne deve essere affidata al Giudice".
In buona sostanza - riteniamo correttamente che - in questi reati sia necessario predisporre particolare cautele processuali per tutelare la genuinità del processo e l’equilibrio psicofisico del minore.
Muovendo da tali premesse, in buona sostanza, il Giudice Crapanzano analizza il requisito della capacità di testimoniare dei bambini.
L’illustrazione dello studioso di diritto tiene conto, da ultimo, delle dinamiche processuali in ambito di perizia psicologica da effettuarsi nei confronti del minore vittima di abusi sessuali e prosegue la sua analisi evidenziando che "... anche i bambini in tenera età sono in grado di ricordare ciò che hanno visto e subito pur spettando al giudice di valutare la credibilità del dichiarante e l’attendibilità delle dichiarazioni...".
Per quanto concerne, invece, la capacità del minore di rendere testimonianza, il dott. Crapanzano evidenzia, con riferimento al ruolo del Giudice che: "... l’inesistenza nel sistema normativo di preclusioni o limiti alla capacità del minore a rendere testimonianza (art. 196 c.p.p.) non affranca il giudice dal dovere di controllarne le dichiarazioni con impegno assai più solerte e rigoroso rispetto al generico vaglio di credibilità cui vanno sottoposte le dichiarazioni di ogni testimone... “, in quanto "in particolare nei reati a sfondo sessuale – dei quali il minore è frequentemente vittima e il suo contributo non è normalmente sottraibile alla ricostruzione del fatto – il Giudice deve accertare la sincerità della testimonianza del minore, con prudenza e con un esame rigoroso di tutti gli altri elementi probatori di cui si possa eventualmente disporre".
A tal proposito, afferma che "... può rivelarsi necessario il ricorso agli strumenti dell’indagine psicologica per verificare la concreta attitudine del minore a testimoniare, la sua credibilità, la sua capacità a recepire le informazioni, a raccordarle tra loro, a ricordarle e a esprimerle in una visione complessa, da stimare in relazione all’età, alle condizioni emozionali che regolano le sue relazioni con il mondo esterno, alla qualità e alla natura dei suoi rapporti familiari... “, anche al fine di "escludere che una qualunque interferenza esterna, talvolta collegata allo stesso ambiente domestico nel quale l’abuso sessuale non di rado si consuma , possa alterare la genuinita’ dell’apporto testimoniale".
In conclusione - secondo noi - in caso di mancato accertamento della sussistenza della capacità di testimoniare del minore, oppure dove manchino, ai fini di tale riscontro, elementi probatori, la testimonianza del minore e’ inficiata e passibile di ricorso in Cassazione.
Scrivo questo articolo perche’ sposo in pieno la recentissima e innovativa giurisprudenza della Suprema Corte e le osservazione dell’illustre magistrato
dott. Crapanzano in quanto ritengo utilissimo come strumento di ausilio del Giudice in un processo penale la perizia psicologica e i test EMDR essendo un cultore della psicologia giuridica nell’auspicio che la scienza psicologica venga sempre piu’ applicata ed utilizzata nel processo penale essendo essa una branca della criminologia e ritenendo che diritto penale, processo penale e psicologia giuridica debbano camminare insieme non solo per l’accertamento della verita’ processuale, ma soprattutto per verificare se colui che ha compiuto um fatto - reato e’ stato mosso da una pulsazione criminale propria oppure perche’ era in stato di sudditanza psicologica.
Avv. Raffaele Gaetano Crisileo
Penalista Cassazionista