domenica 27 maggio 2018

IL PAZIENTE PSICHIATRICO E IL PROCESSO PENALE


Ieri l’altro, il 24 maggio, al Salone degli Specchi del Teatro Garibaldi in Santa Maria Capua Vetere si è svolto un convegno su scala regionale sulla psichiatria oggi,  a  quarant’anni dalla entrata in vigore della Legge Basaglia. In buona sostanza una sorta di bilancio con considerazioni, e riflessioni. Ho avuto il piacere di essere stato invitato, bontà degli organizzatori,  come relatore, per trattare un tema attuale e, secondo me, di ampio respiro riguardante la mia professione di avvocato penalista, dal titolo “ Il paziente psichiatrico ed il processo penale”. Ho subito premesso dicendo che la centralità della relazione, tra il paziente psichiatrico e il processo penale, sopravvive ancora oggi nei dibattiti  nonostante siano trascorsi  quarant’anni dalla emanazione della cd. Legge Basaglia (L. 180/1978). La legge che dispose  la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari ( O.P.G. ) i cd. manicomi e regolamentò il T.S.O. (Trattamento Sanitario Obbligatorio), facendo dell’Italia il primo e, ad oggi, unico paese al mondo ad aver abolito gli ospedali psichiatrici. La rivoluzione culturale, sfociata nell’emanazione in quella legge, si fondava sull’idea di restituire dignità ai pazienti psichiatrici, in un’ottica di risocializzazione del soggetto ritenuto socialmente pericoloso. Tuttavia, però, ho sottolineato, nel mio intervento,  che  il processo di rinnovamento non è stato  ultimato sebbene i più recenti, ma debolissimi,  interventi normativi in materia, quali la Legge n. 9/2012 e la  n. 81/2014 che hanno determinato il definitivo superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (O.P.G.), con l’istituzione, su tutto il territorio nazionale, delle Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (R.E.M.S.). Strutture, queste ultime, con connotazioni differenti rispetto agli O.P.G., perché hanno una gestione ad esclusiva competenza sanitaria con  funzioni terapeutico-socio riabilitative in favore di autori di reato affetti da disturbi mentali, che ne inficiano, in tutto o in parte, la capacità di intendere e di volere. Secondo me, però,- ho tenuto a dire con chiarezza all’interessato uditorio presente– che  la chiusura degli O.P.G.  non è sufficiente se non sarà accompagnata da una riforma del codice. Specie in relazione ai concetti di imputabilità, pericolosità sociale e misure di sicurezza. In caso contrario, si rischia solo di spostare il problema su altre strutture che hanno nomi differenti, ma svolgono  di fatto le stesse funzioni dei vecchi O.P.G., cosa, questa,  che sta realmente avvenendo. Penso agli artt. 219 e 222 del c.p., che disciplinano proprio gli O.P.G.. Ed allora, in sede di mio intervento, mi sono posto questa domanda : “Ma queste norme come vanno coordinate con la nuova disciplina che sostituisce appunto gli O.P.G. con le R.E.M.S.” ?
Questo tema, ho detto a chiare lettere, è stato oggetto anche della recente delega legislativa di cui alla Legge n. 103/ 2017 (cd. Legge Orlando), che ha presentato  uno specifico punto relativo alla disciplina delle misure di sicurezza e del ricovero presso le R.E.M.S..
Ma anche a questo riguardo – secondo me - nulla si è fatto e si sta facendo, da parte del legislatore, per ridare dignità al paziente psichiatrico coinvolto in un procedimento penale.  
Un altro aspetto da non sottovalutare, ho evidenziato, è la fattiva collaborazione tra la magistratura e gli operatori delle R.E.M.S. in quanto numerosi Uffici Giudiziari si attivano in questo senso segnalando la insufficienza quanto ai posti disponibili nelle nuove dette residenze che si trovano nel Circondario del Tribunale o, comunque, nel Distretto di Corte di Appello.
In diversi casi, eppure, queste problematiche attuative riguardano procedimenti concernenti gravi delitti contro la persona (ad esempio, casi di omicidio ecc…) commessi da soggetti pericolosi.
Un altro aspetto specifico, che ho ritenuto di trattare, anche se in modo fortemente critico, è stata la relazione tra la infermità mentale e la responsabilità penale che, nell’ambito di un procedimento penale, vi è con l’accertamento di una patologia psichiatrica,  effettuato mediante una perizia psichiatrica disposta dal Giudice.
Ma, attenzione, il Giudice la dispone solo a seguito di una consulenza di parte dell’imputato al fine di  determinare se questi, al momento della visita, sia in grado di partecipare coscientemente al processo e se, all’epoca dei fatti,  la sua capacità intendere e di volere fosse presente o compromessa e se egli era in grado  di comprendere il disvalore delle sue azioni.
In altre parole l’analisi della capacità di intendere e di volere dell’imputato è finalizzata ad inquadrarlo da un punto di vista dell’imputabilità, secondo la disciplina del nostro codice  penale che individua il presupposto della responsabilità nell’imputabilità.
In questo contesto –  ho ribadito – che si inserisce l’applicazione eventuale delle misure di sicurezza da parte del Giudice, dopo l’accertamento della pericolosità sociale del soggetto autore del reato. Vero è che  l’applicabilità di una misura di sicurezza è subordinata all’accertamento che sia altamente probabile che egli commetta altri reati. In poche parole solo in questo caso  si applicano le misure di sicurezza; e  questa prognosi è disancorata dal giudizio di responsabilità.
Ed allora, un’ autore di un reato, ritenuto infermo di mente (e in quanto tale non imputabile), ma socialmente pericoloso, può essere internato in una R.E.M.S..
Viceversa sarà prosciolto e non soggetto all’applicazione di alcuna misura di sicurezza.
In materia di applicazione di  queste misure di sicurezza, poi, ho fatto cenno alle novità introdotte appunto dalla Legge n. 81/2014 che  fa ricorso alle misure di sicurezza detentive, per un non imputabile, solo quando ogni misura diversa non è idonea a fare fronte alla sua pericolosità sociale.
E vero che vi è stata l’introduzione di un elemento positivo :  un termine massimo di durata per le misure di sicurezza per scongiurare i cd. “ergastoli bianchi” e  si è stabilito che le misure di sicurezza detentive, provvisorie o definitive, non possono durare oltre il tempo stabilito per la pena detentiva massima prevista per il reato commesso, ma purtroppo la legge presenta dei vuoti.
Ciò  in quanto il Giudice non dispone di un ventaglio di soluzioni adatte da applicare al caso concreto per una risposta trattamentale adeguata.
Cosa, questa, a mio avviso, censurabile in quanto sarebbe di certo auspicabile che il Giudice potesse indirizzare il non imputabile ad un programma terapeutico  adatto a lui sin dal momento della pronuncia del processo penale, ricorrendo alla misura di sicurezza detentiva solo quando sia l’unica soluzione utile e praticabile. Ed infine ho concluso affermando  che, a quarant’anni dalla entrata in vigore della Legge Basaglia, per quanto riguarda la relazione tra paziente psichiatrico e processo penale,  poco o nulla si è fatto per cui occorre un intervento legislativo di riforma urgente e concreto perché gli O.P.G. che sulla carta non esistono più, non vengano di fatto sostituiti dalle R.E.M.S in quanto la normativa al riguardo è lacunosa e insufficiente.
Avv. Raffaele G. Crisileo