Ieri
l’altro, il 24 maggio, al Salone degli Specchi del Teatro Garibaldi in Santa
Maria Capua Vetere si è svolto un convegno su scala regionale sulla psichiatria
oggi, a
quarant’anni dalla entrata in vigore della Legge Basaglia. In buona
sostanza una sorta di bilancio con considerazioni, e riflessioni. Ho avuto il
piacere di essere stato invitato, bontà degli organizzatori, come relatore, per trattare un tema attuale
e, secondo me, di ampio respiro riguardante la mia professione di avvocato
penalista, dal titolo “ Il paziente psichiatrico ed il processo penale”. Ho
subito premesso dicendo che la centralità della relazione, tra il paziente
psichiatrico e il processo penale, sopravvive ancora oggi nei dibattiti nonostante siano trascorsi quarant’anni dalla emanazione della cd. Legge
Basaglia (L. 180/1978). La legge che dispose
la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari ( O.P.G. ) i cd.
manicomi e regolamentò il T.S.O. (Trattamento Sanitario Obbligatorio), facendo
dell’Italia il primo e, ad oggi, unico paese al mondo ad aver abolito gli
ospedali psichiatrici. La rivoluzione culturale, sfociata nell’emanazione in
quella legge, si fondava sull’idea di restituire dignità ai pazienti
psichiatrici, in un’ottica di risocializzazione del soggetto ritenuto
socialmente pericoloso. Tuttavia, però, ho sottolineato, nel mio
intervento, che il processo di rinnovamento non è stato ultimato sebbene i più recenti, ma
debolissimi, interventi normativi in
materia, quali la Legge n. 9/2012 e la
n. 81/2014 che hanno determinato il definitivo superamento degli
Ospedali Psichiatrici Giudiziari (O.P.G.), con l’istituzione, su tutto il
territorio nazionale, delle Residenze per l’Esecuzione delle Misure di
Sicurezza (R.E.M.S.). Strutture, queste ultime, con connotazioni differenti
rispetto agli O.P.G., perché hanno una gestione ad esclusiva competenza
sanitaria con funzioni terapeutico-socio
riabilitative in favore di autori di reato affetti da disturbi mentali, che ne
inficiano, in tutto o in parte, la capacità di intendere e di volere. Secondo
me, però,- ho tenuto a dire con chiarezza all’interessato uditorio presente–
che la chiusura degli O.P.G. non è sufficiente se non sarà accompagnata da
una riforma del codice. Specie in relazione ai concetti di imputabilità,
pericolosità sociale e misure di sicurezza. In caso contrario, si rischia solo
di spostare il problema su altre strutture che hanno nomi differenti, ma svolgono
di fatto le stesse funzioni dei vecchi
O.P.G., cosa, questa, che sta realmente
avvenendo. Penso agli artt. 219 e 222 del c.p., che disciplinano proprio gli
O.P.G.. Ed allora, in sede di mio intervento, mi sono posto questa domanda :
“Ma queste norme come vanno coordinate con la nuova disciplina che sostituisce
appunto gli O.P.G. con le R.E.M.S.” ?
Questo
tema, ho detto a chiare lettere, è stato oggetto anche della recente delega
legislativa di cui alla Legge n. 103/ 2017 (cd. Legge Orlando), che ha
presentato uno specifico punto relativo
alla disciplina delle misure di sicurezza e del ricovero presso le R.E.M.S..
Ma
anche a questo riguardo – secondo me - nulla si è fatto e si sta facendo, da
parte del legislatore, per ridare dignità al paziente psichiatrico coinvolto in
un procedimento penale.
Un
altro aspetto da non sottovalutare, ho evidenziato, è la fattiva collaborazione
tra la magistratura e gli operatori delle R.E.M.S. in quanto numerosi Uffici
Giudiziari si attivano in questo senso segnalando la insufficienza quanto ai
posti disponibili nelle nuove dette residenze che si trovano nel Circondario
del Tribunale o, comunque, nel Distretto di Corte di Appello.
In
diversi casi, eppure, queste problematiche attuative riguardano procedimenti
concernenti gravi delitti contro la persona (ad esempio, casi di omicidio ecc…)
commessi da soggetti pericolosi.
Un
altro aspetto specifico, che ho ritenuto di trattare, anche se in modo
fortemente critico, è stata la relazione tra la infermità mentale e la responsabilità
penale che, nell’ambito di un procedimento penale, vi è con l’accertamento di
una patologia psichiatrica, effettuato
mediante una perizia psichiatrica disposta dal Giudice.
Ma,
attenzione, il Giudice la dispone solo a seguito di una consulenza di parte
dell’imputato al fine di determinare se
questi, al momento della visita, sia in grado di partecipare coscientemente al
processo e se, all’epoca dei fatti, la
sua capacità intendere e di volere fosse presente o compromessa e se egli era
in grado di comprendere il disvalore
delle sue azioni.
In
altre parole l’analisi della capacità di intendere e di volere dell’imputato è
finalizzata ad inquadrarlo da un punto di vista dell’imputabilità, secondo la
disciplina del nostro codice penale che individua
il presupposto della responsabilità nell’imputabilità.
In
questo contesto – ho ribadito – che si
inserisce l’applicazione eventuale delle misure di sicurezza da parte del
Giudice, dopo l’accertamento della pericolosità sociale del soggetto autore del
reato. Vero è che l’applicabilità di una
misura di sicurezza è subordinata all’accertamento che sia altamente probabile
che egli commetta altri reati. In poche parole solo in questo caso si applicano le misure di sicurezza; e questa prognosi è disancorata dal giudizio di
responsabilità.
Ed
allora, un’ autore di un reato, ritenuto infermo di mente (e in quanto tale non
imputabile), ma socialmente pericoloso, può essere internato in una R.E.M.S..
Viceversa
sarà prosciolto e non soggetto all’applicazione di alcuna misura di sicurezza.
In
materia di applicazione di queste misure
di sicurezza, poi, ho fatto cenno alle novità introdotte appunto dalla Legge n.
81/2014 che fa ricorso alle misure di
sicurezza detentive, per un non imputabile, solo quando ogni misura diversa non
è idonea a fare fronte alla sua pericolosità sociale.
E
vero che vi è stata l’introduzione di un elemento positivo : un termine massimo di durata per le misure di
sicurezza per scongiurare i cd. “ergastoli bianchi” e si è stabilito che le misure di sicurezza
detentive, provvisorie o definitive, non possono durare oltre il tempo
stabilito per la pena detentiva massima prevista per il reato commesso, ma
purtroppo la legge presenta dei vuoti.
Ciò in quanto il Giudice non dispone di un ventaglio
di soluzioni adatte da applicare al caso concreto per una risposta
trattamentale adeguata.
Cosa,
questa, a mio avviso, censurabile in quanto sarebbe di certo auspicabile che il
Giudice potesse indirizzare il non imputabile ad un programma terapeutico adatto a lui sin dal momento della pronuncia
del processo penale, ricorrendo alla misura di sicurezza detentiva solo quando
sia l’unica soluzione utile e praticabile. Ed infine ho concluso affermando che, a quarant’anni dalla entrata in vigore
della Legge Basaglia, per quanto riguarda la relazione tra paziente psichiatrico
e processo penale, poco o nulla si è
fatto per cui occorre un intervento legislativo di riforma urgente e concreto
perché gli O.P.G. che sulla carta non esistono più, non vengano di fatto
sostituiti dalle R.E.M.S in quanto la normativa al riguardo è lacunosa e
insufficiente.
Avv. Raffaele G. Crisileo