I reati informatici sono l'effetto negativo dell'evoluzione tecnologica, così come la criminalità in genere è il patologico della società !
Secondo un recente sondaggio la sicurezza informatica desta molta preoccupazione tra i cittadini europei. L’89% degli utenti di internet non rivela informazioni personali online ed il 12% è stato vittima di frode nella rete.
Circa un milione di persone nel mondo subisce ogni giorno varie forme di criminalità informatica e secondo recentissime stime le vittime perdono circa 290 miliardi di euro ogni anno nel mondo a causa di attività criminali informatiche.
La rivoluzione del “Net Work”, poi, ha creato una serie di duplicati digitali: i famosi fake o falsi profili che intaccano inesorabilmente la sfera personale.
Le uniche norme che, in qualche modo, tutelavano il bene informatico riguardavano condotte quali l'attentato ad impianti di elaborazione dati (vecchia formulazione dell'art. 420 c.p. introdotto dalla L. 191/78).
A partire dagli anni '90 il nostro legislatore ha avviato una "lotta" alla criminalità informatica con una serie di interventi che circoscrivevano tutte le fattispecie orfane di norme, fino a giungere nel 1992, con la legge n. 518, ad una prima individuazione di "pirateria informatica", come condotta antigiuridica.
Il primo vero intervento in materia si è a avuto soltanto nel 1993 con la legge .n. 547 che ha introdotto definitivamente, nel diritto penale italiano, un elenco di fattispecie in grado di ricomprendere le moderne condotte antigiuridiche, quali le truffe informatiche ecc.
In ambito europeo la risposta a questa problematica ha fatto registrare un significativo ed importante progresso : ci riferiamo all’adozione, della Convenzione del Consiglio d'Europa sulla Criminalità Informatica, di un documento programmatico che mira all’adozione di una legislazione comune.
La Convenzione è entrata in vigore il 1 lug. 2004 e l'Italia l’ha ratificata con la legge 18 mar. 2008, n. 48.
La Convenzione è entrata in vigore il 1 lug. 2004 e l'Italia l’ha ratificata con la legge 18 mar. 2008, n. 48.
Considerato, poi, che la lotta alla criminalità informatica è caratterizzata da una grande abilità dei criminali a nascondersi, si è resa necessaria una risposta adeguata della Comunità Europea non disgiunta da un significativo apporto di altri Stati non membri.
Gli Stati Uniti, ad esempio, da tempo hanno annunciato la realizzazione di una vera e propria città informatica per combattere il cybercrime e, intanto, anche altri governi si stanno attivando per impiantare questo schema di difesa, in quanto, secondo dati recenti, il cybercrime supererebbe, per introiti, il traffico di droga.
Allo scopo, pertanto, di contribuire a proteggere i cittadini europei e le imprese, ma anche le strutture più sensibili, dalla criminalità informatica, l’11 gennaio di quest’anno è diventato operativo il Centro Europeo per la Lotta alla Criminalità Informatica (EC3), collocato presso l’Ufficio Europeo di Polizia (Europol) dell’Aia (Paesi Bassi).
L’apertura del Centro Europeo, definito da molti, giustamente, “ uno scudo invisibile” segna, secondo noi, un notevole cambiamento rispetto al modo in cui l’Unione Europea ha affrontato la criminalità informatica fino ad oggi.
Innanzitutto, l’approccio sarà più lungimirante e più invasivo: verranno riunite competenze ed informazioni; verrà fornito sostegno alle indagini penali e verranno promosse soluzioni a livello dell’U.E..
Il Centro si concentrerà sulle attività illegali online compiute dalla criminalità organizzata, in particolare sugli attacchi diretti contro l’e-banking e su altre attività finanziarie online, sullo sfruttamento sessuale dei minori online e sui reati che colpiscono i sistemi di informazione e delle infrastrutture critiche dell’Unione.
In buona sostanza esso, contribuirà a promuovere la ricerca e ad assicurare lo sviluppo di capacità da parte delle autorità incaricate dell’applicazione della legge, dei giudici e dei pubblici ministeri ed a effettuare valutazioni delle minacce.
Per smantellare un numero maggiore di reti criminali informatiche, l’EC3 dovrà raccogliere e trattare dati relativi alla criminalità informatica e fungere da help desk per le unità di contrasto dei paesi dell’U.E. offrendo sostegno operativo ai paesi dell’Unione ( ad esempio contro le intrusioni, la frode online, ecc.) e fornirà competenze tecniche, analitiche e forensi di alto livello nelle indagini.
In attuazione dei dettami del neo Centro, già da alcuni anni il nostro Dipartimento di Giustizia e Affari Interni – nell’ambito del Programma di Sicurezza e di Tutela della Libertà e della Lotta contro la criminalità (2007-2013) - ha avviato una serie di azioni per sostenere la cooperazione tra gli esperti e le autorità preposte all'applicazione delle leggi sulla lotta alle frodi e la lotta contro la cibercriminalità (attacchi informatici, frode online, furto di identità e relativi reati, commercio elettronico illegale ecc..); il tutto al fine di favorire la cooperazione per lo sviluppo e lo scambio di efficienti metodi di monitoraggio di Internet.
L’attività mira, in particolare, a creare delle piattaforme nazionali di segnalazione dei crimini informatici che riportano alla piattaforma europea sulla cibercriminalità (ICROS presso Europol).
Il tutto in una generale attività di promozione della cooperazione con il Centro Europeo per la Lotta alla Criminalità Informatica con riguardo allo sviluppo di strumenti forensi digitali per sostenere le agenzie di contrasto nella lotta contro la cibercriminalità nonché di metodi e/o tecnologie innovativi potenzialmente trasferibili ad altri Stati della U.E..
Alla luce di siffatte innovazioni europeistiche, riteniamo che la legislazione italiana sul punto si è armonizzata con le direttive dell’ U.E. al fine di combattere, in modo più efficace, il cyber crime per cui quella vigente è sicuramente esaustiva a fronteggiare il fenomeno criminale in discussione.
Avv. Raffaele Gaetano Crisileo