Come annunciato dai
mass media, il pacchetto anticorruzione, varato il 12 dicembre scorso dal
Consiglio dei Ministri, è stato arricchito di nuove e più rigide misure.
La pena minima per la corruzione propria, passa dagli attuali quattro anni ai nuovi
sei anni di reclusione, mentre la pena massima passerà dagli attuali otto anni ai
nuovi dieci anni di reclusione. Per quanto riguarda i sequestri, saranno
previste confische più stringenti. Il ricorso al patteggiamento della pena, di
conseguenza, sarà possibile solo se si restituiranno i beni che saranno,
successivamente, oggetto di provvedimento di specifica confisca. A fare da
schema guida, in questo nuova direzione, sarà, secondo noi, la disciplina già prevista
per i reati tributari, dove è possibile accedere al rito del patteggiamento,
solo se viene saldato il debito, sanzioni comprese, con il Fisco. La prescrizione, poi, si allunga
di due anni, dopo la condanna di primo grado e di un anno, dopo il secondo
grado di giudizio. Per quanto riguarda, invece, i reati commessi nel passato, vige
ovviamente il costituzionale principio giuridico del “favor rei”, nel senso che
le nuove regole sulla prescrizione in generale e sull’ applicazione della nuova
pena della corruzione, in particolare, andranno in vigore, o meglio si
applicheranno, a partire da quando il testo diventerà legge dello Stato. Si
tratta, in buona sostanza, di un disegno di legge, quello denominato “nuovo
pacchetto anticorruzione”, e non di un decreto legge; quindi il testo potrebbe subire delle modifiche sostanziali (e certamente,
pensiamo, le subirà, nel suo iter successivo). D’altro canto, però, noi riteniamo che modificare
solo le pene della fattispecie incriminatrice della corruzione, inasprendole,
serve a ben poco, perché ciò che davvero occorre, per sventrare un fenomeno del
genere, così complesso, intricato ed articolato, sono soprattutto gli strumenti
investigativi che devono essere potenziati ed allargati, in quanto, nonostante
la sottoscrizione da parte dell'Italia della Convenzione di Strasburgo, nella
lotta alla corruzione del 1999, ancora non è stato ratificato quel testo, con
l'introduzione di due nuovi strumenti investigativi essenziali ed
indispensabili, come ad esempio il “test
di integrità” e la “legislazione premiale”. In tale ottica registriamo ancora
delle forti lacune che non ci consentono di allinearci alla legislazione
europea vigente. In definitiva noi pensiamo che le nuove e proposte
norme anticorruzione nel D.D.L., effettivamente, se è vero che da un lato appaiono
forse opportune, da un altro lato, però, non si devono limitare a prevedere,
soltanto, nella sanzione, solo "misure più dure", perché ciò serve davvero
a poco, ma devono esercitare un'effettiva, concreta e specifica deterrenza";
in tal senso concordiamo con il pensiero espresso sul punto dal Ministro della
Giustizia.
E se ciò è innegabile
ed è vero, molto onestamente noi, da ultimo, pensiamo anche e soprattutto, che non
si possa ritenere di risolvere il devastante fenomeno con una semplicistica modifica
della norma incriminatrice che punisce la corruzione, nella sanzione prevista,
ad appena due anni da un precedente modifica della stessa. Non ci dimentichiamo
che con la recentissima Legge 6 novembre 2012 n. 190 già vi era stato un serio
e forte inasprimento di pena; peraltro l’inasprimento in questione era stato,
come abbiamo sopra anticipato, anche certamente considerevole e serio e ciò
nonostante – dobbiamo purtroppo constatare ! –
la situazione generale non è cambiata, anzi i casi di corruzione sono
aumentati; basta soffermarsi a leggere gli ultimi, ed eclatanti, casi di
cronaca nazionale, come quello accaduto a Venezia e quello accaduto a Roma. Ed
ebbene, ciò cosa significa? Significa che bisogna riflettere su quali sono gli
elementi che spaventano di più coloro che sono portati a corrompere o a farsi
corrompere. Su questo passaggio sempre il Ministro della Giustizia ha dichiarato
“ che
è importante la scelta di mettere
l'accento sull'aggressione dei patrimoni: chi corrompe o si fa corrompere lo fa
per denaro. Sequestrare il denaro, seguirlo e aggredire la ricchezza, che ha
come fonte la corruzione che non è soltanto un modo di restituire alla
collettività il maltolto, ma è un modo anche di creare deterrenza nei confronti
dei soggetti che attribuiscono, a questo aspetto, una particolare importanza".
Una tesi del genere, come cittadini, la condividiamo,
ma come operatori del diritto ci lascia perplessi perché riteniamo che ciò che sia
davvero importante è la certezza della pena in quanto allungare i termini della
prescrizione è solo una risposta semplicistica, ma non risolutiva al problema (in
quanto, come ha dichiarato il Presidente del Consiglio dei Ministri, la lotta alla corruzione "è una questione
culturale", che –aggiungiamo doverosamente
noi – bisogna sradicare, non di certo con una legislazione di emergenza, ma con
una grossa opera di prevenzione culturale). Viceversa, modificando ed
inasprendo, solo e continuamente, la sanzione della norma penale, viene meno la certezza del diritto, in un
Paese, come il nostro, che è stato da sempre la culla della civiltà giuridica, anche se il reato è innegabile vada combattuto (perché
è il patologico della società), ma vada, anche e soprattutto, pure prevenuto in
ogni modo possibile. avv. Raffaele G.Crisileo