mercoledì 19 gennaio 2011

DOPO TRENTACINQUE ANNI DALLA LEGGE BISAGLIA.


Dopo trentacinque anni dalla legge Bisaglia.


“Nella mia esperienza professionale di avvocato, sovente mi è capitato di prestare la mia opera professionale di penalista a favore di persone affette da disturbi e patologie mentali con scemata (o addirittura inesistente)  capacità di stare in giudizio e/o con altrettanta inesistente (e/o ridotta ) capacità  di intendere e di volere al momento del compimento  del fatto - reato.
Nella maggior parte dei casi affrontati, ho sentito la necessità di ricorrere all’ausilio tecnico di psichiatri per avere il conforto e l’ apporto qualificato di consulenti,  specialisti ed esperti,  in un campo così delicato qual è quello della malattia mentale e della  sua  connessione con l’accertamento della  responsabilità penale, soprattutto quando si tratta di commissione di reati gravissimi, come ad esempio l’omicidio e quando si tratti dei  reati contro, in genere, contro la persona.
In quest’ottica, siccome la materia psichiatrica mi ha sempre affascinata ed attratta, avendo anche svolto attività di sostegno e di volontariato a favore della categoria dei disabili psichici ( ciò a titolo di esperienza personale),   ho cercato di approfondire non solo i legami e le sue interconnessioni con il diritto penale sostanziale ( cosa che mi interesse da un punto di vista interprofessionale ), ma ho cercato di allargare  il mio orizzonte d’interesse fino allo studio della  legge n. 180 del 13 maggio 1978 ( cd. Legge Bisaglia ) vista sotto un profilo sociale e culturale, alla luce delle innovazioni  da essa apportate per verificare, a distanza di vent’anni della sua entrata in vigore, che cosa ne è derivato da un punto di vista pratico e sociologico.
Lo studio di questa normativa, la cui buona applicazione la  reputo cosa estremamente positiva ( e che, come dicevo,  ha oramai oltre vent’anni di vita,  durante i quali ha retto  all’ala edace del tempo ! )  mi ha spinto a fare una serie di riflessioni e di considerazioni,  non solo sotto un profilo giuridico, ma anche e soprattutto sotto un profilo  sociale e pratico,  che brevemente sintetizzo.
Condivido  innanzitutto,  quell’ indirizzo di pensiero secondo cui la  cd. legge Bisaglia  è stata  sicuramente il punto di arrivo di un lungo, articolato e difficoltoso  processo di trasformazione non solo giuridico, ma anche e soprattutto  culturale e sociale che ha contribuito a riporre in discussione modelli ed idee che sembravano essere state accantonate un po’ da tutti.
Definitivamente  (e finalmente !!)  mi sento di dire  – come ha scritto lo psichiatra Giacanelli -  il malato è divenuto persona ” .  E’  veramente diventato persona !, aggiungo io !!   E’ stato questo  ( ed è questo ) un elemento importante,  dal quale non si può assolutamente prescindere !
Anche se, relativamente alla legge n. 180, vi è stato ( ed è ancora in corso ) un acceso dibattito, io ritengo che questa normativa,  ancorché partorita ed emanata  in un particolare momento politico-sociale,  ha sicuramente una propria importanza ed un proprio valore  sul piano tecnico e culturale, ma ha anche una sua visibilità, a lungo raggio,  che tutti non possono più  misconoscere.
Sotto un profilo analitico, infatti,  la legge in argomento, è una legge quadro, grazie alla quale, secondo me, la maggior parte dei cittadini italiani, ha imparato ad avere nei confronti delle patologie mentali e soprattutto dei disabili psichici, un rispetto ed una tolleranza che in passato non aveva.  
Questa legge, sotto un profilo normativo, fissa alcuni principi generali, dei quali i più significativi sono questi quattro momenti che vale la pena sottolineare  : (a) il superamento degli ospedali psichiatrici; (b) l’integrazione dell’ assistenza psichiatrica nel servizio sanitario nazionale; (c) l’orientamento, prevalentemente territoriale,  dell’assistenza psichiatrica; (d) la limitazione del trattamento sanitario obbligatorio,  in condizioni di degenza ad alcune situazioni ben catalogate.
In buona sostanza,  i principi che ho delineato ( primo fra tutti  il superamento degli ospedali psichiatrici, che per anni è sembrata cosa davvero  irrealizzabile, e che, invece, oggi è una realtà che tutti, a mio modesto parere,  considerano irreversibile) sono indici concreti e sani di una civiltà e di una società che vuole  e che deve guardare in avanti ( che sa  e che  deve davvero guardare  in avanti ) e rappresentano sicuramente dei concreti punti di arrivo,  sicuramente condivisi dalle persone che operano  nel settore della salute mentale, dagli utenti  di questi servizi e dalle loro famiglie .
E’ chiaro che il cammino a farsi è ancora lungo, ma attraverso una serie di progetti ed obiettivi, peraltro ambiziosi, il traguardo, anche se faticoso, non è poi tanto lontano. ”


                                        avv. Raffaele  Gaetano Crisileo